Roberta Girardi dona un rene al fratello: «Ora sono più felice»
Affetto da una grave insufficienza renale, Fabio Girardi era entrato in dialisi. A salvarlo è stata la sorella, mossa dalla voglia di rivedere il suo sorriso. Lei, prima dell’intervento, è dimagrita 20 chili
TRENTO. Il fratello, 51enne, era da tempo in cura per una grave insufficienza renale tanto che era stato inserito nella lista d'attesa per un trapianto d'organo e da qualche settimana aveva anche dovuto iniziare la dialisi. La sorella, 55 anni, per evitargli questo calvario ha deciso donargli un rene consentendogli così di tornare ad una vita normale. Roberta Girardi, che con l'anziana madre abita a Sopramonte, non si sente affatto un'eroina.
Anzi, racconta che quell'enorme dono che ha fatto a suo fratello in realtà ha arricchito molto anche lei. Tra le varie cose l'ha spinta a prendersi cura di sé stessa. Prima di effettuare l'intervento, infatti, ha dovuto dimagrire 20 chili e rimettere a posto tutti i valori delle analisi per arrivare al giorno dell'operazione in perfette condizioni di salute. Con una grandissima forza di volontà è riuscita nell'intento e così, il 17 agosto, al polo chirurgico Confortini dell'ospedale Borgo Trento di Verona, lei e il fratello sono stati sottoposti a questo doppio intervento. Lei ha donato e lui ha ricevuto il suo rene. Ora entrambi stanno bene.
«Non posso dire di non aver avuto inizialmente paura. Io ho sempre avuto il terrore dei camici bianchi, ma in ospedale ho trovato degli angeli che mi hanno fatto capire come stavano le cose, che non volevano avere due malati, ma curare il malato che c'era e garantirgli una vita migliore. Posso assicurare che donare è una cosa bellissima che mi ha resa più felice. Il male che ho avuto i primi giorni l'ho dimenticato subito, ma la gioia di mio fratello l'ho sotto gli occhi tutti i giorni».
A rendere felice Roberta, infatti, è soprattutto il fatto che ora suo fratello Fabio stia bene. «Ero in cura da sette anni - ricorda l'uomo - Avevo 45 anni quando mi sono reso conto che ero sempre affaticato. Mi piaceva andare in bici, ma ad un certo punto non ce la facevo più. Ho fatto le analisi e mi è stata diagnosticata un'insufficienza renale ad uno stadio già avanzato. Ho iniziato una cura farmacologica e una dieta priva di proteine. Tra alti e bassi sono andato avanti fino allo scorso anno quando i valori sono peggiorati. Le gambe hanno iniziato a gonfiarsi, avevo prurito ovunque. Fortunatamente mia sorella aveva dato il consenso per la donazione e così ho dovuto fare solo tre settimane di dialisi. Dovevo andare tre volte a settimana per ore al giorno in ospedale. Sono state settimane faticose e debilitanti».
Nei mesi precedenti la sorella si era già sottoposta a tutti gli esami necessari e così è stato possibile effettuare la donazione in tempi rapidi. «Non ho mai avuto alcuno dubbio e lo rifarei subito - racconta Roberta - Noi siamo quattro fratelli, tutti molto uniti. Abbiamo perso il papà all'improvviso quando eravamo giovani e forse questo ci ha uniti ancora di più. Fabio è il più piccolo, io sono poco più grande di lui. Da sempre io sono favorevole alla donazione di organi, a maggior ragione se ad avere bisogno era mio fratello. La prima volta che mi hanno parlato della possibilità di donargli il rene era il giorno della festa del papà. Forse non è stato un caso. Forse dall'alto qualcuno ha guidato le nostre scelte. Determinanti sono stati poi i medici che ci hanno seguiti, dalla dottoressa Nadia Buccella, alla dottoressa Gentili e Di Palma, nonché quelli di Verona. Mi hanno rassicurata e guidata durante tutto il percorso e tutt'oggi sono seguitissima anche se sto benissimo. Anzi, ora sono più in forma di prima. Devo solo bere due litri di acqua al giorno, cosa che facevo anche prima, camminare i miei 10 mila passi per tenermi in forma».
Il percorso per arrivare alla donazione è stato lungo, costellato di esami e anche di un supporto psicologico. «Il giorno dell'intervento io e mio fratello siamo entrati in ospedale insieme, ma ci hanno messi in due camere separate. Prima in sala operatoria sono scesa io. In sala risveglio - dopo il mio intervento - ci siamo rivisti un attimo. Io ero ancora assopita per l'operazione ma ricordo che ci siamo parlati e i medici hanno dato a lui la possibilità di chiamare nostra mamma, che ha 88 anni e che era a casa che pregava per noi, per dirle che io ero uscita dalla sala operatoria e che andava tutto bene».
«A quel punto è entrato lui - aggiunge - Ho potuto vederlo dopo alcuni giorni, anche se mi davano notizie infermieri e medici. Per me sapere che le cose andavano bene, che lui stava sempre meglio era la più grande medicina. I primi giorni avevo male e il mio corpo doveva abituarsi a vivere con un rene in meno, ma la forza di recuperare la trovavo nel fatto che mio fratello avrebbe potuto iniziare presto a vivere la sua nuova vita. Io non sono mamma, ma la cicatrice che ho sul fianco per me è come un parto cesareo, è come se avessi dato nuovamente la vita a mio fratello. Con la dieta priva di proteine che doveva fare era dimagrito e si era molto indebolito».
«Ora invece sono tornato a mangiare normalmente - dice lui soddisfatto - e ho detto addio a tutti i preparati e le cose "speciali" che dovevo cucinarmi. Spero fra qualche mese di poter anche tornare ad andare in bicicletta. Nel frattempo di tengo in forma con qualche passeggiata». Fabio dopo il trapianto è rimasto in ospedale per tre settimane. Roberta è tornata a casa dopo 8 giorni.
«Poi sono rimasta a casa un mese in convalescenza ma le cose sono andate sempre meglio». Per Fabio, invece, è iniziato un periodo di controlli. Prima più volte in settimana, ora sempre più diradati. «Non considero quello che ho fatto un qualcosa di straordinario - dice Roberta - Donare è un regalo che ti cambia la vita. Rende migliore chi dona e rende possibile avere una vita normale a chi riceve.