A Trento sono undicimila gli alloggi sfitti, tra le proposte: «Usiamoli a scopi sociali»
Giorni di confronti sul tema della casa: «I Comuni si uniscano almeno per la gestione». Anche il co-housing come soluzione per chi fa fatica: «Le sperimentazioni devono andare a sistema»
EMERGENZA La giunta non blocca gli sfratti Itea, ma promette altre azioni
VIDEO Il faccia a faccia tra i residenti Itea e Gerosa
SFRATTO Famiglia con 3 figli minori da maggio senza casa
CRISI Impennata di tassi d'interesse e caro affitti: la casa diventa un lusso
TRENTO. Si mettano a sistema le sperimentazioni abitative portate avanti negli anni. Si contrastino gli appartamenti sfitti con incentivi fiscali perché i proprietari li mettano a disposizione della collettività. Non si dimentichi la discriminazione abitativa ai danni degli stranieri a cui l'edilizia pubblica e il mercato privato impongono condizioni capestro. Perché c'è fame di case e ci sono alloggi sfitti. Tanti. A Trento sono 10.885.
Questi sono alcuni elementi emersi sabato 25 marzo negli incontri di "Abitare stanca" che presso Appm, Bookique e Café de la Paix hanno messo a confronto esperti e cittadini spesso giovani. L'evento è stato organizzato dal gruppo consiliare di Trento Futura e da Officina Comune Rovereto.
«A gestire gli affitti siano i consorzi di Comuni». Delle alternative al modello Itea si è parlato nell'incontro "Edilizia pubblica. Edilizia sociale". È intervenuto il consigliere comunale Federico Zappini: «Le istituzioni non possono limitarsi alla sola gestione delle problematiche abitative. Abbiamo compiuto tante sperimentazioni di successo, progetti come l'housing sociale che hanno dimostrato di funzionare. È ora che queste sperimentazioni vadano a sistema». Tra i presenti, un giovane ha detto: «Ci vuole una nuova centralità dei Comuni, si uniscano in consorzio e gestiscano direttamente l'affidamento degli alloggi pubblici lasciando ad Itea le manutenzioni più importanti».
«Usare gli appartamenti sfitti per scopi sociali». All'incontro "Vuoti urbani e abitare condiviso" il ricercatore Francesco Minora parte dai numeri: «Secondo Istat a Trento ci sono 10.885 abitazioni vuote o sottoutilizzate. Dalla mia ricerca del 2019 emergeva che a Trento ci sono 845 edifici interamente vuoti. Su questi bisogna puntare perché è chiaro come sia più facile ripensarne la destinazione». Occorre comprendere perché certi alloggi finiscano fuori dal mercato e dal servizio pubblico: «C'è una super-regolamentazione che incrementa i costi - ha spiegato Minora - Si punti a coinvolgere i proprietari di casa con sgravi fiscali perché mettano a disposizione della collettività gli alloggi per progetti di abitare collaborativo».
«Il Co-housing funziona anche per le fasce fragili». Nell'incontro dedicato all'housing sociale Emiliano Bertoldi (coordinatore Associazione trentina per l'accoglienza degli stranieri) suggerisce di rovesciare il paradigma con il quale si conferiscono gli alloggi: «La casa è un diritto, un punto di partenza dal quale la persona in condizioni di bisogno può ripartire per affrontare i suoi problemi di fragilità e dipendenza, non un punto di arrivo che si "merita"». Bertoldi ha chiesto che alle persone in condizioni di fragilità venga offerta più di una scelta: «Serve un albergo sociale e sistemi di cohousing che offrano alle persone un ventaglio di soluzioni. E non è vero che il cohousing costa di più del dormitorio: crea indotto ed alleggerisce il carico sul sistema sanitario come dimostrano i progetti sperimentali».
«Meglio un hotel a 5 stelle che tanti affitti brevi». Delle colonizzazioni dei centri storici da parte degli affitti brevi per turisti si è parlato nell'incontro "Affitti brevi, turismo e suoi impatti". «Ci sono località dove per i residenti è difficile vivere per i costi gonfiati dal mercato turistico come accade sul Garda - ha spiegato il consigliere comunale Nicola Serra - Trento si sta avviando sullo stesso percorso». Un'uditrice che lavora nel settore dell'accoglienza ha confermato il problema: «Meglio un albergo cinque stelle con venti camere che venti alloggi brevi senza regole. Tante volte non pagano l'imposta di soggiorno e non generano posti di lavoro».
«Si diano alloggi sfitti agli studenti, ne hanno cura». «I residenti non vogliono gli studenti perché portiamo caos, ma al contempo i proprietari sono felici di affittarci le stanze perché riescono a guadagnare quattro volte quanto guadagnerebbero affittando ad un nucleo familiare». Così una studentessa è intervenuta all'incontro "Diritto alla casa. Diritto allo studio". «Occorre intervenire sugli appartamenti sfitti - ha detto un altro studente - Se fossero a disposizione degli studenti, gli edifici acquisirebbero valore, perché se noi studenti presentassimo il conto dei lavoretti che facciamo per mantenere la funzionalità delle abitazioni, sarebbero i proprietari a doverci pagare».