I cento anni di Elda Tanel Zeni: una vita dedicata alla scuola abbracciando i cambiamenti
Il traguardo che racconta l’istruzione trentina: «Ho visto cambiare i tempi, le famiglie e la voglia di studiare. Una volta con poco si aveva già tutto, oggi avendo la possibilità di dare quel tutto si rischia invece di modificare il rapporto con la scuola nella percezione dei ragazzi»
GIOS BERNARDI Un secolo di vita vissuta da protagonista
PASSIONI A 97 anni Giuseppe Marciano non perde un colpo in piscina
TRAGUARDI Carlo Gottardi è il decano dei sub con 1.122 immersioni
PILASTRI I 90 anni del Bepi, artigiano nell'anima di Nago
TRENTO. La prospettiva con cui guardare i cento anni di Elda Tanel Zeni, non è limitata al "solo" compleanno: il 2 agosto è sicuramente importante per la famiglia, con cui ha festeggiato il compleanno, tra la festa e la messa a San Pio X, ma può essere letto anche come una chance per ripercorrere la storia della scuola in trentino.
Elda, nata nel 1923, ha studiato più di molti suoi coetanei, mentre la guerra impazzava: un po' grazie alle persone che ha avuto intorno, anche in famiglia, nella "sua" Spormaggiore, dove è nata, ma anche per la tanta forza di volontà, caratteristica nel suo percorso. I ricordi sono un po' offuscati dal tempo, come la vista, ma alcuni attimi sono rimasti indelebili: «Molti volevano diventare insegnanti, anch'io lo avrei voluto. Prima di questo passo, visto il gran numero di domande al concorso, passai un anno a lavorare a Cannobio, sul Lago Maggiore, a due passi dalla Svizzera, in un preventorio, girava la tubercolosi», racconta lei.
«Era un grande punto interrogativo, passai quel periodo a battere alla macchina, come assistente di un medico, parole che a volte non avrei potuto conoscere: erano tecnicismi medici. Per arrivare lì presi vari treni e un battello sul lago, a distanza di 80 anni mi chiedo come ci sia riuscita da sola», conclude poi. È dopo quell'anno che arriva il momento di diventare maestra: «Passai molto tempo a leggere gli scritti di La Pira prima di fare il concorso. Nonostante la paga fosse buona non potevo restare, scelsi di provare il concorso e, a discapito delle aspettative, fu un successo. Scelsi di trasferirmi a Mori, anche perché mia sorella viveva a due passi».
Il periodo successivo, sviluppato in parallelo alla carriera scolastica, è più personale: ci sono le nozze, arrivano i figli - che oggi sono 3, due medici e una professoressa di lingue - e tanti movimenti, sempre per la scuola, ma non più per se stessa, quanto per i figli, tra Mezzolombardo, dove mancavano le superiori, e Trento, dove mancava ancora l'Università. Del tanto tempo passato in trentino, gli aneddoti non mancano: c'è stata la guerra, ma altre date simbolo come il '66, con l'alluvione, ma quelli che preferisce sono legati al mondo della scuola.
«Sono legata ad alcuni momenti in particolare. Per esempio, nel dopoguerra ho insegnato a Maso Milano, in una pluriclasse, dove c'erano ragazzi dai 6 ai 14 anni, facevano tutti vari chilometri per arrivare in classe», dice lei, sfogliando nei ricordi. «All'inizio è stato complicato, facevo della lettura di gruppo o della lingua, ma c'era un grande divario tra gli studenti. Nonostante tutto quell'anno l'ho finito e bene: c'era una disciplina che non ho mai più trovato in vita mia», ha aggiunto a riguardo.
In particolare, una scena esemplificativa del "dopoguerra nelle scuole", è quella che segue, definita, tra le tante scene, "una capace di rimanerle dentro": «C'era un ragazzo di 12 anni circa, veniva a scuola con le maniche della giacca molto corte, non posso esserne certa, ma immagino i motivi. Un giorno mi portò dei fiori, ma lo vidi poco "soddisfatto" alla fine della giornata scolastica. Quando tutti andarono via, lo vidi mogio, quasi piangere. Mi disse di aver rubato quei fiori, per portarli "alla sua maestra", passando da un prato mentre veniva a scuola. È un'immagine che porto ancora nel cuore, aveva le migliori intenzioni, gli dissi che avrebbe potuto avvisare i padroni di casa, se avesse voluto».
Quando interrogata, invece, sull'evoluzione della scuola nel corso degli anni, avendo iniziato con la guerra e finito con Craxi al governo, ha risposto così: «C'era molto più rispetto ad oggi. Mi sono tolta tante soddisfazioni, i miei scolari mi hanno scritto, inviato auguri e sono venuti a visitarmi, come quelli di Maso Milano, per i miei 80 anni. Ho visto cambiare la voglia di studiare e le famiglie. Una volta con poco si aveva già tutto, oggi - avendo la possibilità di darlo quel tutto - si rischia di modificare il rapporto con la scuola».
Tra le tante tappe della scuola italiana c'è stata la parentesi della televisione, con il maestro Manzi, un ricordo che Elda porta con piacere: «Riempiva le giornate, era un mondo nuovo, faceva bene. Io stessa lo seguivo tante volte, adesso la televisione non funziona più così. Può essere un passatempo ma non c'è lo stesso responso».
Dopo più di 40 anni nella scuola, il desiderio di scoprire e conoscere non sembra essersi esaurito, perché il suo discorso si è concluso con l'espressione di quello che è rimasto, da sempre, il suo grande desiderio: «Vorrei leggere, ma a prescindere dagli anni non c'è mai stato tempo: prima la casa, poi i figli, la scuola e solo poi, con la pensione. Ho sempre amato la lettura», dice lei.