Gabriele Chiogna, da studente di fisica a docente di geologia applicata a Erlangen
Il professore universitario, 40enne, ha scelto la Germania per la sua carriera: «Tutto è nato da un’opportunità che si è perpetrata nel tempo. Inizialmente c’era la volontà di rientrare, ma poi le opportunità tedesche si sono rivelate migliori»
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TRENTO. Quando è partito, nel 2005, Gabriele Chiogna aveva 21 anni ed era uno studente all'Università di Fisica di Trento. Oggi di anni ne ha 40 ed è stato chiamato a ricoprire l'incarico di professore presso l'Università Friedrich-Alexander di Erlangen-Norimberga. Insegnerà geologia applicata e modellazione dei sistemi ambientali.
Gabriele Chiogna era anche tornato per qualche anno in Trentino, ma poi le opportunità che gli hanno offerto le università tedesche erano troppo ghiotte per non essere accettate e così oggi vive lì, a Neufahrn, paese a nord di Monaco che, per una coincidenza che ha quasi dell'incredibile, è gemellato con Gardolo, dove lui ha vissuto la sua infanzia e giovinezza. A Neufahrn vive con la moglie italiana e tre figli.
Come è nata questa scelta di vita di lasciare l'Italia e il Trentino e di trasferirsi in Germania?
Tutto è iniziato ormai 19 anni fa quando ho aderito ad un progetto di doppia laurea in Fisica tra l'università di Trento e quella di Tübingen. Frequentati due anni e mezzo a Trento, ho avuto la possibilità di andare in Germania. Avrei dovuto rimanere lì un anno e mezzo e invece, dopo la laurea, ho frequentato un master in scienze dell'ambiente e durante il master ho fatto un dottorato di ricerca sempre lì, in idrogeologia. Alla fine mi sono fermato fino al 2011.
Poi però è tornato a Trento?
Sì, sono tornato e mi sono sposato con una mia compagna di studi di Verona che era venuta in Germania anche lei per la doppia laurea. In quegli anni è nato anche il nostro primo figlio, che oggi ha 11 anni. Ma dopo due anni mi hanno richiamato a Tübingen per un progetto di ricerca. Nel 2015 è iniziata poi la mia carriera presso l'università tecnica di Monaco.
Una carriera iniziata quando era giovanissimo e anche la sua nomina a professore è arrivata molto presto rispetto agli standard italiani?
In questi nove anni in Germania ho fatto di tutto. Ho avuto la possibilità di insegnare all'università di Innsbruck con cattedra part time e a Monaco ho conseguito l'abilitazione sia tedesca che italiana, ho avuto un gruppo di ricerca e lavorato come "Privat dozent" potendo supervisionare i dottorandi. Però lì ancora non ero professore. A Erlangen è la mia prima cattedra. Inizierò ai primi di aprile. In questo periodo devo sistemare un po' di cose perché in Germania le cose funzionano in maniera differente rispetto all'Italia. I fondi sono legati alla persona perciò devo trasferire lì i progetti e i dottorandi che collaborano con me. In pratica si sposterà tutto il mio gruppo di ricerca.
Oggi si parla di fuga di cervelli dall'Italia e anche dal Trentino. Una scelta, quella di trasferirsi in Germania, legata alle maggiori opportunità?
Tutto è nato da un'opportunità che si è perpetrata nel tempo. C'era volontà di rientrare inizialmente, ma poi le opportunità in Germania sono state migliori, sia dal punto di vista economico che di stabilità della posizione. In Germania le posizioni accademiche sono molto impegnative perché i contratti a tempi indeterminato sono pochi, bisogna lavorare sodo, ma le opportunità ci sono.
Un sistema più meritocratico?
Direi un sistema diverso. In Germania da quando si ha un dottorato si possono fare progetti di ricerca a proprio nome senza supervisione e questo mi ha dato molta più autonomia. Ci sono molti più programmi per stimolare i giovani ricercatori rispetto all'Italia con la possibilità, se i progetti vengono valutati positivamente, di creare gruppi di ricerca e quindi anche il lavoro è più produttivo.
Ci sono dei progetti che la tengono legato al Trentino?
Continuo a collaborare con il Trentino. Attualmente ho due progetti. Uno riguarda l'interazione tra le acque di superficie e quelle di falda del Noce con Gianluca Tommasi del servizio geologico della Provincia e un altro progetto ricerca è con Air spa di Mezzolombardo.Pensa mai di tornare?Adesso sarebbe un po' complicato. Mia moglie lavora qui in un'azienda di ingegneria e ho tre figli i 11,6 e 4 anni. Il primo è nato a Trento e gli altri due a Monaco. Sono fortunato perché i bambino sono bilingui, ma al momento stanno ben qui.
Cosa le piace della sua vita in Germania?
Per quanto riguarda i bambini apprezzo molto l'autonomia di cui godono fin da piccoli. Già alle elementari si muovono da soli a piedi. Sorrido quando vengo in Trentino e vado a prendere le mie nipoti e vedo gli ingressi delle scuole affollati di genitori. Poi anche da punto di vista burocratico è tutto più facile. Quando sono tornato in Italia ho dovuto farmi aiutare da un commercialista per la dichiarazione dei redditi, in Germania riesco a fare tutto da solo anche se i moduli sono in tedesco.
Quando è arrivato però lei non conosceva perfettamente il tedesco?
Avevo una conoscenza di base, ma nelle facoltà scientifiche l'ostacolo della lingua è superabile. Un'equazione è sempre un'equazione. Poi nell'ambiente universitario la lingua principale è inglese. Nel mio gruppo di ricerca ho solo un componente tedesco, gli altri provengono da altri paesi. Anche al master della Tum (Università Tecnica di Monaco) abbiamo circa 100 studenti, 40 di nazionalità tedesca e 60 stranieri e il master è tutto in inglese. Il rischio che si può correre è di parlare solo inglese, ma poi se si vuole inserirsi nel mondo del lavoro il tedesco serve.
Un'ultima domanda. Come è nata questa passione per la fisica?
A dire il vero io ho frequentato il liceo classico all'arcivescovile dove le ore di matematica e fisica non erano molte. Però ho avuto due insegnanti molto brave, la professoressa Elvira Biasiolli e Alessandra Curcu che mi hanno fatto conoscere e apprezzare la materia.