Il rifugio Altissimo spacca in due la Sat
I vecchi soci del club accusano il direttivo
L'addio di Danny Zampiccoli al rifugio Altissimo con tanto di video ha lasciato dietro di sé uno strascico emotivo che non si placa e svelato una frattura profonda nella Sat di Mori nata nell'ultimo decennio e costruita malcontento su malcontento. È un gruppo di satini, fra i quali ci sono anche i «grandi vecchi» che aprirono la ferrata di Montalbano, a voler manifestare la propria solidarietà allo storico gestore di un rifugio che sentono casa propria.
Gli argomenti sono tanti, le rimostranze verso il direttivo anche, i mancati coinvolgimenti e i mancati grazie si snocciolano veloci dai racconti dei satini moriani riuniti nella prima serata di neve dell'anno, ma l'attenzione oggi è tutta per l'Altissimo. «Da quando la sezione di Rovereto ci ha dato il rifugio - racconta Franco Monte, già membro del direttivo della Sat di Mori - di generazione in generazione i volontari moriani si sono tramandati la bellezza di sistemare il rifugio, fino a sei-sette anni fa quando non sono entrati in direttivo chi al rifugio non ci va mai». I satini rincarano le accuse: «Quando il gestore chiede che vengano fatte delle riparazioni e dopo anni le cose sono ancora lì, significa che lo stai stufando per farlo andare via».
C'è tanta amarezza fra chi all'Altissimo ha dedicato un bel pezzo di vita e ricordi. «È casa nostra - interviene Lucio Cescatti - ci abbiamo passato ore di lavoro, giornate intere, belle, bellissime, a sistemarlo. Con Danny siamo sempre stati accolti in questo modo e non dimentichiamoci, al di là dell'amicizia, che lui è un gestore vero, che ha sollevato il rifugio e lo ha reso quello che è oggi. Non è mai successo prima che con la Sat di Mori un gestore se ne andasse». È con maggiore distacco che i vertici considerano l'avvicendamento: «Fa parte della routine della gestione di un rifugio, come di qualsiasi altro tipo di immobile - spiega Mattia Bertolini, presidente della Sat di Mori da un anno - Danny è stato da noi per 17 anni, un tempo lungo, è un naturale svolgersi degli eventi per come la vedo io. Capiamo che da parte di alcune persone c'è un dispiacere che genera anche chiacchiere, ma sono infondate. La realtà dei fatti è che è una decisione che Danny avrebbe preso prima o poi, non ci sono gestori a vita. L'unica cosa che a noi come sezione interessa è comunicare la gara per il nuovo gestore ed estraniarci dalle polemiche». Si parla, fra le altre cose, di un aumento di affitto fino ad arrivare a 40mila euro, che avrebbe segnato la fine del rapporto fra Sat e rifugista: «Non è mai stata presentata come cifra ufficiale - spiega Danny Zampiccoli - se ne parla però».
Categorico il presidente Bertolini: «Chiacchiere di paese: 40mila euro non è mai comparso in nessun tipo di trattativa. L'aumento è stato fatto gradualmente di anno in anno fino a 25mila». Affitto o no, gli amareggiati satini incolpano il direttivo: «È mancato il rapporto con la persona - prosegue Franco Monte - in tante cose negli anni. L'hanno portato alle dimissioni ma il 95% dei soci della Sat non voleva che se ne andasse. Per noi che siamo delusi dalle scelte e dagli atteggiamenti degli ultimi anni, era l'ultima cosa bella che ci restava: un rifugio e un gestore che quando salivamo come soci venivamo accolti da amici». Danny Zampiccoli, protagonista suo malgrado di un addio sofferto ma irrevocabile, spiega con pacatezza il suo sentire: «Economicamente il rifugio va benissimo - risponde a chi chiede se si tratti di un addio forzato - e mi piace da matti il mio lavoro e ho delle soddisfazioni incredibili. Ho percepito però che per il bene del rifugio era meglio lasciare. Ho capito che non era più il mio posto qui, non sono riuscito ad ingranare con il nuovo direttivo. Sono però convinto che con il nuovo gestore alcune cose cambieranno in meglio».