Addio a Antenore Cuel, eroe a cinque cerchi
La notizia era nell’aria, già da alcune settimane Antenore Cuel, l’olimpionico folgaretano, non stava bene. Aveva perso la sua voglia di lottare, e lievemente come una betulla che perde le foglie è spirato. Era nato nel 1922, a marzo avrebbe compiuto 96 anni. Proveniva da Francolini piccolo enclave folgaretano, e da una famiglia contadina numerosa. Erano soprannominati i «tauch». Tutti maestri di sci, tutti sportivi, tutti amanti della neve.
Mille storie avvolgono questo personaggio, questo uomo che ha fatto dello sport motivo di vita, arrivando pure a disputare due olimpiadi. Aveva incominciato la sua carriera all’età di dodici anni; fece la sua prima gara internazionale (selezionato tra i Balilla) sulle piste di fondo di Garmish, in Germania. Le sue doti agonistiche erano eccezionali, in Bondone vinse poco tempo dopo una gara di fondo il mattino ed una di gigante il pomeriggio. Atleta polivalente, forte come l’acciaio, testardo, resistente alla sofferenza e alla fatica. Frequentò la scuola alpina di Aosta, divenne anche alpinista, e amava ricordare ogni tanto le ascensioni sul Bianco e sul Cervino.
Con Zeno Colò, Lacedelli ed i più blasonati campioni italiani dell’epoca restò per due anni a Murer (località vicina a St. Moritz) in Svizzera durante la seconda guerra mondiale, faceva parte del nucleo sciatori veloci.
Nel 1952 fu selezionato per le olimpiadi di Oslo. Nella 50 chilometri arrivò diciannovesimo, primo assoluto degli italiani. Portava il pettorale 22, che i nipoti Stefano e Mattia conservano gelosamente.
«Quando ero bambino, con due sci fatti con le doghe di una botte legati al tallone da uno spago, seguivo il mio compaesano Modesto Port, di otto anni più vecchio, e da lui copiavo i movimenti, capivo quando attaccare, quando riposare per prendere fiato. Lo sci è stata una passione, la mia libertà, la mia anima, la mia speranza», era solito dire. Ringraziava di essere stato uno sportivo. «Con ogni probabilità sciare mi ha dato dei privilegi, evitare ad esempio la guerra e con ogni probabilità di essere mandato in Russia». Frammenti, ricordi che si intrecciano, per 36 anni è stato il direttore della Scuola Sci di Folgaria. Amava insegnare lo sci ai bambini, era felice quando sul giornale leggeva i risultati degli atleti di casa.
A Canazei scrisse una pagina memorabile della sua carriera: era in grande forma, leggero come una piuma, veloce come una pantera. Nella 50 chilometri, valevole per il titolo italiano, è partito all’attacco. Da solo è passato attraverso la valle. E alla fine ha dominato quella gara dimostrando un orgoglio ed una resistenza non comuni.
Amava molto l’Inter, era un tifoso nerazzurro fin dai tempo di Helenio Herrera, il mago che aveva portato in ritiro la squadra a Serrada di Folgaria. L’Inter è sempre rimasta nel cuore di Antenore, con un altro personaggio folgaretano, Renzo Targher, andato avanti, seguiva tutte le partite del suo club.
Era amico di tutti, un vero signore nei modi di comportarsi, di affrontare le difficoltà, fino a pochi anni fa andava a sciare ogni giorno e in estate, altra sua grande passione, prendeva la bici e girava sull’altopiano. Lo si poteva incontrare ovunque, con l’amico Moila di Besagno, portava a spasso il cane su verso passo Coe. Raccontava ai più giovani la sua storia, la sua filosofia di vita, spesso era chiamato a presenziare alle manifestazioni sportive. Antenore Cuel «tauch» è stato un grande, un uomo tutto d’un pezzo, cresciuto nei dogmi del rispetto e della bontà. Folgaria perde il suo principe, l’uomo che sussurrava ai cristalli di neve, l’uomo che ha saputo seminare armonia e saggezza. Il pettorale numero 22 , come il suo anno di nascita, dovrebbe diventare l’emblema di una comunità. Oggi lui sarà lassù a sciare tra le montagne del cielo, a sudare, a salire con la sua bici sulle alte vette, a scalare l’universo. Ciao Campione. I funerali si terranno oggi alle ore 14.30 a Folgaria.