Un'associazione per non dimenticare i morti sul lavoro
Non ha ancora un nome, ma lo scopo che si prefigge è già chiaro nella mente di chi si sta adoperando per la nascita di un’associazione formata dai familiari delle vittime del lavoro trentine. Avrà sede in Vallagarina perché prende vita proprio da qui, dove le famiglie di alcune persone che hanno perso la vita sul posto di lavoro si stanno organizzando perché quello che è successo a loro ed ai loro cari non accada di nuovo. Non è mai esistita in Trentino un’associazione per le vittime sul lavoro. Anche per questo chi ha vissuto questo dramma, con la perdita di una persona cara ed il calvario di un processo in cerca di giustizia, ora vuole essere d’aiuto a chi si dovesse trovare in futuro nella stessa situazione. Ma soprattutto vorrebbe poter aiutare a prevenire, queste situazioni, cercando di tenere alta l’attenzione su un tema importante come questo.
«Ogni giorno in Trentino c’è un infortunio sul lavoro - denuncia Antonio Mura, sindacalista dei Cobas -. Purtroppo di alcuni non c’è proprio traccia, ma la situazione è questa. Per questo motivo noi con i soldi che otterremo dai risarcimenti di questi casi per i quali ci costituiamo parte civile abbiamo deciso di finanziare le iniziative messe in campo dall’associazione che si sta costituendo». Tra le persone che si stanno muovendo per dare vita all’associazione, in prima linea c’è l’attivissima Milena Ben, madre di un ragazzo morto sul lavoro. «Fino ad ora ci sono stata sempre e soltanto io a portare avanti questi temi», commenta la donna che in questo periodo sta girando l’Italia per presentare il libro che ha scritto per raccontare la vicenda di suo figlio.
A Rovereto dopo aver battagliato a lungo Milena ha ottenuto l’intitolazione di una piazza alle Vittime del lavoro: è quella dell’ex mensa Bimac lungo il Leno, che lei si premura di tenere sempre in ordine ed adornata con dei fiori. «Io ero da sola, perché in Trentino non esiste alcuna associazione di questo tipo per questo ci tengo che ci sia». L’altra famiglia che negli ultimi mesi ha dovuto affrontare il dramma della morte sul lavoro è quella di Carmine Minichino, l’operaio morto a per un colpo di calore nel reparto presse della Marangoni pneumatici. C’è stato il processo di primo grado, che ha assolto con formula piena il medico del lavoro e condannato al minimo della pena Giovani Marangoni, assolvendo però l’azienda. La sentenza non ha soddisfatto la parte civile, che alla procura di Rovereto ha presentato istanza, affinché si proceda con il ricorso. Anche i Cobas, ammessi parte civile al processo di primo grado ma le cui istanze il giudice ha scelto di non accogliere, hanno chiesto alla procura generale di Trento di andare avanti e portare il processo in appello, presentando apposita istanza. Qualora la procura generale dovesse accogliere le loro tesi e portare nuovamente l’azienda davanti al giudice, l’eventuale risarcimento per i Cobas adrebbe a finanziare la nuova associazione.