«Non si può morire così»: ad Ala manifestazione per ricordare Matteo Tenni, ucciso da un carabiniere a Pilcante
Un centinaio di persone radunate dal Circolo Cabana: «Non è stato un tragico incidente». Sabato i funerali della vittima di Chizzola
ALA. «Non si può morire così». Questo il sunto di quanto detto rabbiosamente l’altroieri, nel tardo pomeriggio, ad Ala in piazza Papa S. Giovanni. A parlare della morte di Matteo Tenni, l'uomo dissanguato da un proiettile alla gamba sparato da un carabiniere per difendersi da un'aggressione con un'accetta, c'erano più di un centinaio di persone: decine i cittadini fermatisi ad ascoltare la manifestazione, autorizzata, organizzata dal Circolo Cabana di Rovereto.
Il fine del presidio era da un lato denunciare l'ingiustizia della morte di Tenni. Dall'altro, ricordarne la vita. In questi giorni lo ha fatto, pur nella disperazione, la madre Annamaria Cavagna, a cui in molti hanno rivolto solidarietà, come altrettanti hanno difeso l'operato dei carabinieri. Lei, che ha assistito alla scena senza poter far niente, ha incontrato le persone del circolo, per le quali «questa morte non è un tragico incidente».
«Ciò che e successo è gravissimo. Un carabiniere spara e alla madre è impedito di assistere il figlio morente. Da poco è morta in carcere a Trento una giovane donna di 28 anni. E Riccardo e Andrea, morti a Trieste e Torino, erano anche loro grandi e fragili, come Matteo. Il Cabana è nato dopo un'altra morte violenta e inaccettabile, quella di Stefano Frapporti, fermato da due carabinieri in borghese e suicida dopo 5 ore in carcere a Rovereto. Non sappiamo cosa è successo a Stefano ma sappiano cosa è successo a Matteo. Le persone più fragili pagano ancora un prezzo atroce».
Il microfono è stato poi offerto a chi volesse ricordarlo. Nei ritratti una persona resa difficile dalle nubi della paranoia. E buona. «Era una persona curiosa. Disegnava e scriveva. Era metodico, preciso, sensibile, amava la musica. Aveva pochi rapporti ma di qualità. Perché non nascondeva le sue turbe». «Non siamo a New York ma ad Ala. Matteo aveva pensato che prima o poi sarebbe stato ucciso così. Ma alcune sue idee erano inverosimili. E in città piccole si fa presto ad essere etichettati come matti. I nemici non sono Et ma persone della sua stessa specie».
Nel ricordo di un amico, Matteo è questo: «Non lo vedevo da 10 anni. Un giorno però mi telefonò. Andammo a pulire dell'immondizia abbandonata a Marco. Una volta restai bloccato nella neve, lo chiamai e venne a soccorrermi, come soccorreva gli animali sulla strada. Gli volevo bene mentre molti gettavano la spugna, mentre la malattia peggiorava era difficile stare con lui».
I funerali di Tenni si terranno sabato pomeriggio in chiesa ad Ala.