Il foreign fighter Alessandro Bertolini si difende: “Non ho mai fatto la guerra”
Il suo difensore ha depositato una serie di documenti per dimostrare che era un cittadino ucraino, poi diventato russo, e che quindi farebbe cadere, secondo il legale, l'accusa di aver partecipato ad un conflitto armato «in uno Stato estero di cui non era né cittadino né stabilmente residente, senza far parte delle forze armate di alcuna delle parti in conflitto»
STORIA Da Rovereto in Ucraina tra le fila dei separatisti russi
ROVERETO. «Alessandro Bertolini (il foreign fighter di Manzano ndr) dimostrerà la sua estraneità ai fatti che gli vengono contestati e che hanno portato al suo arresto al rientro in Italia da Mosca». Ne è convinto il suo difensore, l'avvocato Massimiliano Scialla, che in tribunale a Genova (città dalla quale è partita l'indagine della Direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo) ha depositato una serie di documenti (dai passaporti alle comunicazioni del consolato e del ministero degli interni russo) per dimostrare che Bertolini era un cittadino ucraino, poi diventato russo, e che quindi farebbe cadere, secondo il legale, l'accusa di aver partecipato ad un conflitto armato «in uno Stato estero di cui non era né cittadino né stabilmente residente, senza far parte delle forze armate di alcuna delle parti in conflitto».
E tra la documentazione presentata (ed acquisita) c'è anche la richiesta di sentire la moglie di Bertolini, anche lei cittadina ucraina prima di diventare cittadina russa. Inoltre il legale ha presentato richiesta di giudizio abbreviato (al quale è stato ammesso) subordinata all'acquisizione della documentazione e alla escussione della moglie. Bertolini (trasferito nel carcere di Genova dopo l'arresto a Malpensa a fine giugno) venerdì 15 settembre era presente in aula, ma verrà interrogato il 22 novembre, data fissata per la nuova udienza.
Un passo importante per la difesa perché «se il giudice non avesse acquisito la documentazione saremmo stati costretti a fare un giudizio ordinario» come sottolinea l'avvocato Scialla.
Inoltre «è molto importante far parlare la moglie di Bertolini che dirà da quando stanno insieme (2017, ma era lì dal 2016 per una precedente relazione ndr), da quanto tempo sono residenti nella zona di Donetsk per dimostrare che loro sono una coppia che viveva insieme. Poi quella zona ad un certo punto diventa scenario di guerra e ovviamente in quella situazione e in quelle condizioni non puoi dire ovviamente no, non mi piace, prendo le distanze in una regione ucraina che è filorussa. Ma lui la guerra non l'ha mai fatta. Logicamente a lui come a tutta la popolazione maschile sono state distribuite le armi, questo è un fatto notorio, ma il fatto di aver imbracciato un fucile non vuol dire averlo utilizzato in un contesto di guerra: sono due cose completamente diverse. No, lui non ha mai sparato come ha affermato anche perché non aveva la preparazione per farla: manco ha fatto il servizio militare...» ribadisce il legale.
Alessandro Bertolini, che diventerà papà per la seconda volta a fine ottobre, rimarrà comunque in carcere a Genova almeno fino all'udienza del 22 novembre: in quell'occasione il suo difensore potrebbe chiedere una misura alternativa al carcere come i domiciliari.