Agricoltura / Intervista

Il clima è cambiato, e anche le piante: i consigli dell'agronomo Michele Scrinzi fra vendemmia e frutta

Andamento anomalo: «In giugno è caduta 5 volte l’acqua di tutto l’anno prima». Per l’uva saranno decisivi gli ultimi 45 giorni, ma a lungo termine bisogna cambiare

di Elena Piva

ROVERETO. Le abbondanti piogge che hanno segnato l'inizio dell'estate hanno messo alla prova gli agricoltori lagarini, costretti a proteggere le colture territoriali dalle malattie fungine e dalle asfissie radicali intervenendo maggiormente sulla prevenzione fitosanitaria. Dopo le gelate primaverili e gli acquazzoni, la speranza di ottenere un buon risultato di raccolta è nelle mani del clima tipicamente estivo, il cui ritorno potrebbe salvaguardare la qualità produttiva a fronte del prevedibile calo quantitativo.

L'agronomo Michele Scrinzi, libero professionista e consigliere dell'ordine  dei provinciale dottori agronomi e forestali, ha analizzato i bollettini agrometeorologici della Vallagarina da gennaio a giugno, raccolti mediante le centraline di Brancolino e Calliano dalla Fondazione Edmund Mach di San Michele, per conto della Cantina Viticoltori del Trentino (Cavit).

Scrinzi, cosa rileva l'interazione tra clima e pratiche agronomiche?

«Il dato più significativo riguarda i millimetri di pioggia caduti in giugno: 205 nel 2024, contro i 42 del 2023. Cinque volte superiore alla media storica degli ultimi 20 anni, pari a 89 mm. Rispetto al 2023, è considerevole anche l'aumento delle ore di bagnatura, ovvero il tempo in cui le foglie delle colture restano bagnate. L'acqua è veicolo di diffusione delle malattie fungine in vite, melo e colture orticole: riduce la superficie della foglia facendola marcire, priva la pianta della sua centralina elettrica. Uva e mele sono nel loro tiepido inizio di maturazione: se i periodi di bagnatura dovessero continuare a ridosso dello sviluppo finale, i danni sarebbero ingenti».

È possibile arginare questa prospettiva?

«Sì, attivando energiche strategie di difesa dalle malattie tanto nell'agricoltura bio quanto in quella integrata. Quest'anno tutti i settori sono stati colpiti».

L'eccesso di acqua però non è del tutto negativo.

«Esatto, in primis per la zootecnia: la sostanziosa piovosità ha creato un substrato per la crescita dell'erba da fieno e pascolo. In questo momento le malghe e la fienagione vantano una condizione positiva, negli ultimi due anni la siccità aveva invece reso i pascoli molto secchi. Dall'inverno, l'agricoltura ha tratto anche vantaggi: il freddo favorisce la differenziazione delle gemme floreali e quindi il miglioramento del loro apporto qualitativo. Le risorse idriche derivanti dalle nevicate consentono invece sufficienti scorte d'acqua in un'estate calda».

In un'annata a due facce, qual è il ruolo degli agronomi?

«Preparare gli agricoltori a mettere in atto operazioni agronomiche, sia per i piccoli frutti sia per l'orticoltura, seguendo un andamento stagionale che possa salvaguardare quantità e qualità delle produzioni. La soddisfazione arriva solo quando si ottimizzano i risultati con la consapevolezza di operare in un clima complicato che richiede, a differenza di 20 anni fa, pianificazioni più ragionate».

Ad esempio?

«Mettendo a coltivazione terreni in collina e in montagna, ex aree agricole coltivate fino al secondo Dopoguerra e poi abbandonate in seguito alla migrazione dalle valli alla città. Per questo notiamo sempre più frutteti, ciliegeti e vigneti in quota. È positivo, dato il grande conflitto d'interesse che emerge in pianura: i nuovi investimenti legati a ferrovie, zone industriali e abitative sottraggono spazio all'agricoltura. Rivitalizzare crea più occasioni lavorative per i giovani agricoltori».

Qual è, a conti fatti, la sfida del 2024?

«L'attuale calo delle quantità di frutta, uva da vino, colture foraggere e ortofrutticole. In Trentino è venuto meno il 5-10% d'uva e il 10-15 % di mele per gli abbassamenti violenti di temperatura verificatisi in aprile. Ci sono ancora 40-50 giorni tutti da giocare: grazie al caldo possiamo avere meno mele ma dal diametro più grande, meno grappoli d'uva ma rigonfiamenti maggiori negli acini. Si tratta di imparare a gestire ogni annata con tecniche agronomiche in grado di comprendere le nuove sfide dei terreni e di garantire al Trentino, che di agricoltura vive, adeguate soddisfazioni prendendo coscienza dei cambiamenti climatici».

 

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