Il commosso addio di Mezzano a Padre Gianfranco Bettega
Per 35 anni aveva lavorato coi seminaristi in Brasile
Se n'è andato sabato, verso le 17 a Castel d'Azzano (Vr), nell'«ospedale» dei comboniani, per un male che si dice «incurabile», che lo seguiva da anni e col quale colloquiava senza patemi. Accanto gli era la sorella Marcella, scesa da Mezzano di Primiero, la loro terra. Ma vicino a Gianfranco Bettega che rendeva l'anima a Dio c'erano sicuramente decine, centinaia di giovani ed ex giovani che lui, soprattutto in Brasile, aveva accompagnato nel tragitto verso la vocazione, poi verso il sacerdozio. Aveva 80 anni, era stato ordinato prete nel 1961 ed era uomo di grande sensibilità, allo stesso tempo moderno e antico: il suo verbo era la parola di Dio ma calata nel suo tempo, vissuta assieme alla gente, ai ragazzi.
Padre Gianfranco Bettega in due «tornate» aveva vissuto 36 anni in Brasile. Più esattamente dal 1961 al 1965, poi dal 1974 al 2004 (tra le due date, era rientrato in Italia, quindi per un paio d'anni era stato in Portogallo).
Dal 2005, «già sentendo le prime difficoltà fisiche - come scrive il suo Superiore provinciale padre Giovanni "João" Munari - pensò opportuno rientrare in Italia» dove, alla fine, diresse la Casa dei missionari comboniani di Trento.
Già dai primi tempi di sacerdozio padre Gianfranco aveva maturato la sua vocazione per il seminario. Così ricorda padre Munari: «Nel 1965 fu chiamato in Brasile dove i comboniani pensavano che la missione dovesse essere svolta soprattutto nel poverissimo nord, pensando però che il sud (ndr, più ricco e di immigrazione europea recente) avrebbe potuto aiutare con persone e mezzi».
Di qui i primi seminari, tra Rio Grande do Sul, S. Catarina e Paranà. «I primi anni parevano promettere grandi risultati, ma in realtà ci si stava avviando anche là ad una trasformazione della società che un poco alla volta fece i giovani prendere le distanze dalla Chiesa ancor prima degli adulti». Ma Gianfranco non era uomo che si abbatteva: intelligenza pronta, cercava di raccogliere il meglio da ciò che la realtà gli forniva. Noi lo conoscemmo e vivemmo vicino a lui qualche mese nel 1986, in un territorio poverissimo della periferia della grande capitale del Paranà, Curitiba. Un pugno di ragazzi lo attorniava, i suoi seminaristi coi quali tesseva un rapporto che era innanzitutto di maestro, ma subito dopo di amico e, più ancora, di compagno di viaggio. Sapeva, per lunga esperienza, che qualcuno (forse vari) di loro non sarebbe arrivato al sacerdozio ma anche costoro voleva formare, preparare comunque ad una vita corretta e degna. In questo modo padre Bettega formò molte decine di uomini e sacerdoti ma anche molte decine, semplicemente, di brave persone.
Nel 1974 tornò in Brasile per aprire un nuovo seminario in S. Catarina, dal 1980 al 1984 fu spedito in Amazzonia, si impegnò a fondo e con grandi risultati ma il clima lo piegava. Di qui passò in Paranà, poi di nuovo in S. Catarina. Sempre «formatore e pastore dedicato. - continua padre João - I suoi interessi erano sempre gli stessi, quelli dell'animazione giovanile e della formazione dei seminaristi». Poi il rientro. Ma quando lo incontravam,o ci parlava sempre di Brasile, pur senza frustrazione o tristezza. Semmai, saudade . Padre Mariano Prandi dice che «voleva morire qui a Trento, teneva duro, anche negli ultimi mesi faceva un po' di ministero, celebrare, predicare. Un uomo di servizio». Ma il male aveva concluso il suo corso.
La prima parte del funerale di Gianfranco Bettega è svolto ieri alle 10 a Castel d'Azzano, la seconda celebrazione nel pomeriggio alle 15 nella Parrocchiale di Mezzano. Até logo grande irmão.