Avanza il «colpo di fuoco» in Valsugana è emergenza per il batterio delle pomacee
La diffusione del batterio Erwinia amylovora - un microrganismo responsabile di gravi malattie alle piante delle rosacee, come meli e peri, comunemente detto «colpo di fuoco» - è confermata in gran parte della Valsugana, dall’abitato di Pergine a quello di Carzano. Lo riferisce una nota della Fondazione Edmund Mach (Fem), in cui si rileva come gli impianti produttivi più colpiti siano quelli messi a dimora durante questa primavera. Risultano infette tutte le varietà, ad esclusione della Golden, senza distinzione di provenienza.
D’intesa con l’Ufficio fitosanitario della Provincia autonoma di Trento, i tecnici della Fem stanno raccogliendo ogni elemento utile per valutare le possibili cause o i fattori scatenanti dell’infezione. La malattia si diffonde facilmente e richiede l’estirpazione delle parti colpite, che vanno immediatamente bruciate. Il batterio è in grado di colpire anche le piante ornamentali e le specie spontanee.
È stato predisposto un opuscolo informativo per i cittadini al fine di informarli sui sintomi, sulla pericolosità della malattia e sulle misure da mettere in atto.
La nota viene dopo l’intervento della Provincia: la diffusione del colpo di fuoco batterico in Alta Valsugana è oggetto di una determinazione del Servizio Agricoltura della Provincia per varare nuove misure di contenimento dell’Erwinia amylovora. Dal 20 maggio ad oggi sono pervenute al Servizio di assistenza tecnica territoriale del Centro Trasferimento Tecnologico della Fondazione Mach numerose segnalazioni: si tratta di «una grave e diffusa infestazione nei territori frutticoli della Valsugana» scrive il Servizio Agricoltura della Pat. Proprio la Fem sta procedendo con un’indagine territoriale capillare della situazione che «ne ha confermato la gravità in particolare nei Comuni di Caldonazzo e Calceranica al Lago, che sono il cuore dell’infezione batterica, che si è diffusa però anche a Levico Terme, Novaledo, Pergine Valsugana, Roncegno Terme e Tenna e ha quindi colpito tutta l’area dell’Alta Valsugana, ma anche Carzano» spiega il dottor Claudio Ioriatti della Fem.
«La situazione è in continua evoluzione e ogni giorno ci sono segnalazioni di nuove piante infette, quindi di nuovi focolai in diversi territori della zona».
Il batterio non è nuovo in Provincia, dove ha fatto la sua comparsa a inizio anni Duemila, ma si è presentato in Valsugana con una potenza che sta compromettendo seriamente le colture più giovani, a rischio estirpazione; un danno al settore primario della valle che si aggiunge a quello inferto dal Covid a questo e altri settori. La problematica, sottolinea la responsabile dell’ufficio fitosanitario della Provincia Lorenza Tessari, non riguarda soltanto gli appezzamenti coltivati: sul territorio colpito sono stati rilevati «focolai di infezione anche in giardini, orti, incolti e bordure in particolare su nespolo, cotogno, rosa canina, sorbo e pero; è necessario, per delimitare la diffusione del batterio, che i cittadini e i Comuni operino nelle proprietà di competenza secondo la prassi, eliminando cioè la parte interessata dal colpo di fuoco, riconoscibile per la caratteristica bruciatura, e la distruggano bruciandola sul posto».
Sarebbe pericoloso infatti conferire rami o piante malate nei bidoni per la raccolta del verde: il batterio causa una patologia ?da quarantena?, chiamata così perché «non esiste una cura e l’unico modo per fermarne la diffusione è ridurre l’infezione, tenendo conto che l’agente patogeno si muove anche con il vento, gli uccelli e le api e viene trasportato da attrezzi e vestiti da un appezzamento all’altro e da una pianta all’altra».
Alla luce di questo tutti i proprietari di piante che siano da impianto, da frutto, ornamentali o spontanee che presentano segni della patologia devono provvedere all’estirpazione di ogni pianta gravemente compromessa e, per le altre, al taglio a 70 cm al di sotto del sintomo. Inoltre per un anno nell’area non si potranno impiantare nuovi frutteti delle specie soggette al colpo di fuoco e nelle zone quarantenate ci si dovrà muovere il meno possibile.