Sette Selle, Natale al rifugio silenzio e pace
Sarebbe stato un Natale di quelli da sogno, con un paesaggio da favola e metri su metri di neve a rendere tutto ancora più magico. Ma quest'anno, al rifugio Sette Selle, il Natale è stato molto diverso da quello che il suo gestore, Lorenzo Ognibeni, si immaginava.
La pandemia sta rendendo tutto estremamente più complicato per la nostra quotidianità, figurarsi per un rifugio a duemila metri di quota, dove se mancano delle scorte non sono sufficienti 10 minuti in macchina per rimpinguarle. E se c'è qualcosa di certo in questi ultimi giorni del 2020, è che al momento anche il rifugio rimane chiuso, in attesa di spiragli di speranza all'orizzonte.
Il rifugio Sette Selle, che sorge in alta Val del Laner, ad un'ora e mezza di sentiero dalla località Frotten, a monte di Palù del Fersina, è stato costruito dai Soci della Sat di Pergine sui resti di una vecchia baracca della prima guerra mondiale: nel 1975, dopo mille peripezie burocratiche fu posata la prima pietra e nel 1978 fu inaugurato. Ristrutturato nel 2006 con una capacità ricettiva di 25 posti letto (e con ulteriori migliorie nel corso di quest'anno), è punto di riferimento per gli escursionisti e per tutti gli amanti della montagna, in particolare per quelli del gruppo del Lagorai.
Dal 2009 ne è gestore Lorenzo Ognibeni, che dopo le abbondanti nevicate di inizio dicembre ora sta dedicandosi al rifugio solo per liberarlo dalla neve che lo ha letteralmente sommerso: 4 metri di soffice coltre bianca, che poi assestandosi e compattandosi sono diventati «solo», si fa per dire, 2 metri. Ma tanti ugualmente anche solo per svolgere le minime ed essenziali operazioni per mantenere vivo il rifugio.
Grazie all'aiuto di diversi uomini del Soccorso Alpino, Lorenzo ha cercato di liberare anzitutto il tetto dalla coltre di neve che nel frattempo è diventata molto pesante: senza i pannelli fotovoltaici infatti non può esservi corrente elettrica.
Grazie al lavoro manuale ed all'intervento anche di una fresa portatile, pian piano si è riusciti a sgomberare quantomeno gli spazi immediatamente adiacenti alla struttura, che altrimenti era inghiottita fin quasi al primo piano. Non si tratta di una fatica sprecata, perché in caso di nuove nevicate, il manto bianco avrebbe rischiato di essere davvero eccessivo da sopportare per il rifugio, e poi perché se a gennaio si potrà riaprire, è necessario farsi trovare pronti.
Come detto, in tempi «normali», il rifugio in questo periodo dell'anno sarebbe stato aperto: con la marea di persone poi che, per ritagliarsi qualche ora all'aria aperta con ciaspole o sci d'alpinismo, stanno letteralmente invadendo le montagne, Lorenzo avrebbe probabilmente avuto difficoltà ad accettare tutte le richieste fra pernottamenti e consumazioni.
In quest'anno pazzo, segnato dalla pandemia, i mesi utili di lavoro per il rifugio sono stati davvero pochi complessivamente: durante l'estate, complice il grande spazio davanti alla struttura, sono state davvero molte le consumazioni della cucina, «addirittura cresciute -spiega Lorenzo- rispetto agli anni passati». A crollare invece sono stati i pernottamenti: solitamente, prendendo ad esempio il mese di agosto, si sarebbero contati più di 300, ma quest'anno di poco hanno superato i 40. E questo sia perché si sono dovuti ridurre i posti per rispettare le norme di sicurezza per l'emergenza sanitaria, ma anche perché le persone hanno cercato meno questo tipo di esperienza di lungo respiro preferendo la visita «mordi e fuggi».
Per molti, anche nel 2020, la vita del rifugista è difficilmente comprensibile: è fatta di tempi diversi da quelli che si vivono in fondovalle, segue altri ritmi; ha disponibilità limitate rispetto ad un ristorante patinato o un albergo dotato di ogni comfort, ma non per questo è meno vero e genuino. È una vita di fatiche, senza ombra di dubbio, per garantire gli approvvigionamenti, perché tutto funzioni a dovere, perché la turbina continui a produrre energia elettrica, perché insomma ci mette piede nel rifugio possa sentirsi sempre e comunque accolto.
È una vita che regala sicuramente anche grandi soddisfazioni ed emozioni, non foss'altro per il meraviglioso ambiente che circonda il rifugio. «Le nostre montagne - ricorda Lorenzo - ci danno energia e la forza di rialzarci come e meglio di prima»: ed anche per questo, anche quest'anno, sarà comunque Natale, anche ai duemila metri del Sette Selle.