Alessandro Maranesi, il più giovane rettore d’Italia: «Il Primiero è pace, silenzio, spazio per riflettere»
Trentino, è alla guida del Collegio Ghisleri di Pavia, una università di eccellenza: «Ma troppi giovani fuggono dall’Italia, dobiamo riuscire a tenerli qui»
PRIMIERO. Alessandro Maranesi dal 1 novembre è alla guida del Collegio Ghislieri di Pavia, uno dei collegi universitari più antichi d'Italia, fondato nel 1567 e riconosciuto come ente di alta qualificazione culturale. Nei giorni scorsi abbiamo dato notizia di questa prestigiosa nomina che fa di Maranesi, 36 anni, il più giovane rettore di tutta Italia.
Cresciuto a Tonadico, ha frequentato il liceo classico a Feltre iscrivendosi in seguito all'Università di Pavia dove ha studiato lettere classiche. Nel 2009 la laurea, a cui è seguito un dottorato di ricerca tra Pavia e Francoforte, l'accademia all'estero in Germania, Stati Uniti e Olanda per poi tornare nella città lombarda dove è docente a contratto di storia romana e, da inizio mese, pure rettore.
Professor Maranesi, ci racconti cos'è il Ghislieri?
Un ente di eccellenza riservato agli studenti dell'Università di Pavia, una sorta di "università nell'università", a cui si accede attraverso una rigorosa selezione che prevede prima il superamento di un concorso di ammissione e poi il mantenimento di una performance accademica molto elevata. Gli esami, la cui media deve essere superiore al 27, devono essere dati entro l'anno, inoltre gli studenti devono frequentare dei corsi extra. In cambio noi diamo una sistemazione, forti benefici economici e offriamo scambi internazionali. Ogni anno nelle nostre facoltà entrano una trentina di studenti provenienti da tutta Italia e dall'estero. Attualmente abbiamo circa 160 alunni.
Come è arrivato, partendo da Tonadico, alla guida di un ente così importante?
Con una battuta dico che hanno scelto me perché ero il meno rigoroso negli studi. L'attenzione che si è creata nei miei confronti mi sorprende ma non può che farmi piacere. Ho preso il posto del professor Andrea Belvedere, una figura che per il collegio è stata mitologica, avendolo guidato dal 1979 fino a qualche settimana fa, innovandolo profondamente e trasformandolo.
Come si rapporta con studenti che sono poco più giovani di lei?
È vero che la differenza di età non è molta, ma negli anni che ci sono tra me e loro sono successe tantissime cose nel mondo. Nella mia infanzia c'erano i confini, non esisteva l'Europa di Schengen e l'Euro, c'era internet ma non te ne facevi niente. Io ho il ricordo di un mondo analogico, di confini e intermediazioni. Questi ragazzi invece no, sono inseriti in un contesto interamente digitale, studiano e affrontano le difficoltà in modo diverso. Tra me e loro, insomma, ci sono differenze. È una grande sfida, che mi affascina molto.
La pandemia in che modo ha cambiato l'università?
Nell'ultimo anno e mezzo ha vinto il principio darwiniano che vince chi si adatta di più. Il Ghislieri è stato costretto ad interrogarsi su che senso abbia la sua esistenza. Abbiamo visto che il mondo fisico può essere in larga parte sostituito da un mondo digitale e virtuale. Dobbiamo allora capire qual è il valore che diamo alla scomodità. Quanto possiamo permetterci di perdere quelle cose che il mondo fisico ci permette di fare, nonostante esse siano meno agevoli? Qual è il senso di vivere a Tonadico, quando puoi vivere a Trento, con più servizi e comodità? Tonadico propone delle cose spesso intangibili che la città non può proporre. Sono contento che gli studenti siano rimasti in collegio nonostante la didattica a distanza, perché qui hanno trovato stimoli di vita e culturali che a casa non avrebbero trovato.
Qual è il suo rapporto con il Primiero?
Il mio più grande dispiacere è che il tempo per stare a casa è poco, ma appena gli impegni me lo consentono torno a Tonadico. La cosa più bella, quello per cui vale la pena vivere la valle, è la dimensione di silenzio, di tranquillità, di possibilità di riflettere e di autenticità, che altrove non si trovano. Il tutto arricchito da qualità naturali meravigliose. Primiero è talmente bello che ha un valore che va al di là del fattore sociale ed economico.
Quali sono gli obiettivi del suo rettorato?
Le sfide da vincere sono due. Dare ai ragazzi tutti quegli strumenti che troverebbero nelle migliori università del mondo, in modo che siano motivati a rimanere. Il nostro paese paga moltissimo la fuga dei giovani, perché la formazione italiana e il mercato del lavoro non danno loro il meglio. Il secondo obiettivo è l'abbattimento dei cosiddetti "soffitti di cristallo": dare agli studenti che arrivano da situazioni meno favorevoli, ad esempio dalla provincia o da realtà di paese, gli stessi strumenti che ha chi vive in centro città.