La salita del Menador, l'inedita e velenosa sfida a pochi chilometri dal traguardo di Lavarone
Domani, 25 maggio, la carovana rosa arriverà da Ponte di Legno e salirà sull'altopiano dopo aver affrontato anche l'ascesa da Pergine a Vetriolo: ecco un viaggio alla scoperta della scalata di Monterovere, fra i possibili tratti decisivi di questa edizione
I LAVORI Accolte le richieste dei Comuni, Menador aperto fino al 28 agosto
EMOZIONI Ultima settimana del Giro, le tappe decisive anche in Trentino
VALSUGANA. Per i ciclisti che frequentano la zona, si tratta di una salita "mitica": una sfida che non può mancare fra le salite della bella stagione.
Ora la scopre anche il Giro d'Italia: la storica strada di Monterovere, nota come "Menador", potrebbe rivelarsi fra le ascese decisive per la classifica.
La carovana rosa affronterà le rampe con vista sui laghi di Levico e Caldonazzo, domani, mercoledì 25 maggio, quando lo striscione d'arrivo sarà a Lavarone, per la diciassettesima tappa, che arriverà all'indomani del Mortirolo,.
Una frazione di 168 chilometri, con partenza da Ponte di Legno (Brescia) e quasi quattromila metri di dislivello, per lo più nella seconda metà del percorso, specie nella parte finale.
Al "pronti via" ci sarà la salita al passo del Tonale e poi si scenderà lungo val di Sole e val di Non, fino alla piana Rotaliana, quindi la strada comincerà a mordere con l'ascesa a Palù di Giovo.
Poi, i saliscendi tra val di Cembra e Valsugana, l'ascesa da Pergine al passo del Compet (1.368), la picchiata a Levico Terme e da qui il passaggio in paese a Caldonazzo e quindi dall'area della pineta all'imbocco della salita del Menador, quando mancheranno 18 chilometri al traguardo.
Secondo la cronotabella, la corsa arriverà qui fra le 16.15 e le 17 circa, dipenderà naturalmente dal ritmo della tappa.
Sarà un inedito per il Giro, la sfida alla storica Kaiserjägerstrasse, costruita scavando nella roccia dai militari austro-ungarico per collegare la Valsugana e le postazioni dell'esercito sugli altopiani di Lavarone e di Vezzena (e dintorni), durante la Prima guerra mondiale.
Tratti rettilinei accanto allo strapiombo, con vedute meravigliose sulla Valsugana mentre l'asfalto che si fa sempre più velenoso: se vuoi goderti il panorama ti devi fermare oppure rinviare a quando sarai di ritorno, in discesa.
Si fanno sentire già i primi chilometri: poco dopo la pineta (quota 481) si gira a destra e la pendenza aumenta repentina, con 1500 metri oltre il 9% medio e punte del 14%.
Poi si arriva al bivio (dritto si scende alle Lochere) e si gira a destra, dove scatta il Menador in senso stretto: a delimitarlo c'è una sbarra, che negli ultimi mesi era chiusa, perché in alto è stato aperto l'anno scorso un cantiere stradale. La Provincia, infatti, ha deciso di allargare e di mettere in sicurezza i tratti più stretti: i lavori proseguiranno poi nei prossimi mesi, ma giusto ieri è stata intanto accolta la richiesta dei Comuni di una sospensione, per prolungare l'attuale riapertura almeno fino al 28 agosto.
Dopo l'incrocio, la salita è regolare. Nel senso, però, che morde regolarmente poco sotto il 10%: un segmento prevalentemente in linea retta, con un paio di tornanti, che quando picchia il sole può farsi rovente.
Dopo una curva a sinistra, poco oltre quota 800, ecco la prima galleria scavata nella roccia: un'immagine che ci immerge nella dimensione anche storica di questa scalata. È lunga una ventina di metri, meno di tre di larghezza (il Menador infatti è vietato ai mezzi più larghi di due metri e mezzo).
Qui la pendenza lascia un attimo respirare, poco dopo c'è la seconda galleria, simile alla prima e poi si arriva al segmento più duro in assoluto: dal chilometro sei, tremila metri da sudare duro, divisi in tre parti di lunghezza simile. Al 10% e oltre la prima, costantemente al 12% la seconda e infine sempre sopra il 9% la terza, prima dello scollinamento di Monterovere (quota 1.261).
Qui, domani, i ciclisti gireranno a destra per un tratto in falsopiano e quindi la picchiata finale verso lo striscione a Lavarone.
In alternativa, per il cicloturista, si può girare invece a destra e puntare verso il vicino e bellissimo passo Vezzena: altri tre chilometri e mezzo di salita (più pedalabile) per raggiungere quota 1.416.
Oppure si potrà scegliere di arrivare al passo facendo un anello con passaggio a Luserna e malga Millegrobbe (12 chilometri), per affacciarsi anche alla scoperta della cultura e della lingua cimbra, minoranza storica presente sull'altopiano e in pochi altre isole germanofone (oltre a Folgaria e Lavarone, la Lessinia, l'altopiano di Asiago, la zona della foresta del Cansiglio nel Bellunese).
Dal Vezzena, si potrà poi scendere verso Asiago, attraversando il vicino confine con la provincia di Vicenza. Oppure tornare indietro verso Monterovere e raggiungere Lavarone: da qui per gli stradisti ci sono varie opzioni per rientrare verso il fondovalle trentino: via Folgaria per scendere a Calliano oppure sulla Fricca (girando a destra a Carbonare) per raggiungere Vigolo Vattaro e da qui il capoluogo via Valsorda oppure (svoltando invece sulla destra) la Valsugana a Calceranica sulla provinciale 1 oppure Valcanover lungo la suggestiva strada dei Castagni da Bosentino.
Per chi si sposta in mtb, invece, sull'altopiano ci saranno ovviamente svariate altre possibilità di esplorazione di un territorio che offre un'infinità di scorci affascinanti e molti spunti storici.
Già, la memoria e le origini, come quelle del vocabolo con cui questa strada è stata ribattezzata: "Menador".
Ha origine nella storia forestale di queste zone, così ricche di alberi: un filo conduttore, fra l'altro, di tutte le zone cimbre, abitate da un popolo di abili boscaioli.
Quela direttrice, dunque, molto prima che comparisse la strada militare, era utilizzata dai "menadori" per trasferire a valle il legname. Cioè per portarlo giù, menarlo dó o zó a seconda delle varianti delle parlate locali, in quest'area che per secoli rappresentò una rilevante fascia commerciale di confine tra la Repubblica di Venezia e il mondo tedesco.
E per chi vuole rivivere a piedi, oggi, le suggestioni di questo antico sentiero, risalente al 1.300, c'è l'opportunità di percorrere il segnavia Sat 201 "Sentér del Menadór", da Santa Giuliana di Levico a Monterovere, sotto le aspre pareti della val Pissavacca e passando da baita Cangi (fin qui siamo anche sul percorso del sentiero europeo E5).
Più vicino alla strada del Menador (incrociata diverse volte) è il segnavia Sat E202, detto "Senter de la Pegolara", più impegnativo per l'escursionista: risale sul fianco dell'omonimo monte assicurando splendidi colpi d'occhio sulla valle.
In questo caso si parte dalla frazione Lòchere di Caldonazzo, a quota 540, seguendo brevemente la strada principale, per poi imboccare sulla sinistra il sentiero, ben segnalato, che dapprima sale ripido nel bosco e nella parte conclusiva segue la strada provinciale.
C'è, infine, anche la possibilità di risalire invece la selvaggia e franosa Valscura, con la via ferrata Clemente Chiesa, non particolarmente impegnativa. Anche in questo caso ci si incammina alle Lochere, si lascia la provinciale a un tornante per seguire il segnavia 233.
Già poco dopo l'ambiente naturale evoca decisamente la wilderness e la valle si fa sempre più stretta, fra guadi più o meno aventurosi del corso d'acqua, risalite su ghiaioni, ripide scalette e attraversate su funi e gradini attrezzati. Il dislivello positivo supera i mille metri, per un cammino di circa due ore e mezzo (per il rientro ne serviranno poche meno, dipende dalla via che si sceglie fra quelle qui descritte).
Insomma, quello attraversato dalla carovana rosa è un angolo di Trentino veramente ricco di suggestioni paesaggistiche e di proposte escursionistiche inaspettate.
E ci sarebbe anche la storia della vecchia strada della val Careta (o della Stanga) che dalla pineta di Caldonazzo arriva in prossimità del capitello di Sant'Antonio, nel comune di Lavarone. Un percorso seicentesco, sorto per accelerare il collegamento con l'altopiano.
Ma questa è un'altra storia. E chissà, forse un giorno si tingerà di rosa, visto che ora i Comuni della zona premono per la risistemazione della via, che nel tempo ha assunto le sembianze di un sentiero e da molti anni però è chiusa per frana.