«Berlusconi è ammalato» «Sì, ma può venire in aula»
L'infiammazione agli occhi con tanto di «fotofobia» e dolori non costituisce un «impedimento assoluto», nè è tale da giustificare un'assenza in aula dell'imputato Silvio Berlusconi. Dopo una richiesta di rinvio del processo d'appello Mediaset presentata dalla difesa e una visita fiscale per l'ex premier da venerdì ricoverato all'ospedale San Raffaele, la decisione della Corte di andare avanti con il dibattimento ha riacceso lo scontro tra il Cavaliere e suoi legali e i giudici di Milano. Che per gli avvocati «non sono super partes»
L'infiammazione agli occhi con tanto di «fotofobia» e dolori non costituisce un «impedimento assoluto», nè è tale da giustificare un'assenza in aula dell'imputato Silvio Berlusconi. Dopo una richiesta di rinvio del processo d'appello Mediaset presentata dalla difesa e una visita fiscale per l'ex premier da venerdì ricoverato all'ospedale San Raffaele, la decisione della Corte di andare avanti con il dibattimento ha riacceso lo scontro tra il Cavaliere e suoi legali e i giudici di Milano. Che per gli avvocati «non sono super partes».
Ieri al palagiustizia di Milano ancora una volta si è assistito a un duro braccio di ferro tra i difensori dell'ex capo del Governo e le toghe milanesi. Il primo round si è giocato quando i giudici, di fronte all'ennesima istanza di rinvio per legittimo impedimento, hanno accolto la richiesta dell'avvocato generale Laura Bertolè Viale (si è opposto all'impedimento), di effettuare una visita fiscale.
Il secondo round, invece, è arrivato quattro ore dopo con l'esito degli accertamenti degli specialisti inviati al capezzale dell'ex premier. Per i consulenti dei magistrati l'uveite, che improvvisamente si è aggravata l'altro ieri - un disturbo per il quale secondo i medici di Berlusconi il ricovero fino a domani è l'unica indicazione - non è tale da non consentire la presenza in aula dell'ex capo del Governo. In più «le problematiche visive lamentate» al limite «possono incidere sull'efficacia psicofisica» richiesta se avesse dovuto rendere dichiarazioni spontanee o interrogatorio, ma non era il caso di ieri.
Il terzo round, invece, c'è stato quando la Corte ha respinto la richiesta di Ghedini e Longo di sentire in aula i consulenti-medici da essa nominati e per la seconda volta ha disposto di «procedere oltre».
A questo punto i due legali, che comunque hanno depositato una memoria nel merito con la richiesta di assoluzione, hanno preso la parola rinunciando all'arringa tecnica. Con Ghedini che - visti i «tempi straordinari» tra la sentenza di primo grado e la fissazione del processo d'appello e, tra l'altro, il «disinteresse» per la decisione della Consulta sul conflitto di attribuzione previsto per aprile e per le motivazioni con cui la Cassazione pochi giorni fa ha assolto Berlusconi nel procedimento romano Mediatrade - ha polemizzato parlando di «volontà di andare avanti, anche con l'imputato ammalato, per finire il processo» in fretta. «Siccome la prescrizione è nel luglio del 2014 - ha proseguito - ci pare che la preoccupazione sia di evitare la prescrizione intermedia e non di una eventuale assoluzione». «Qui si ha tutt'altra idea», ha affermato sostenendo di attendersi «una sentenza di condanna» e quindi di confidare in un'assoluzione in terzo grado.
Longo, invece, ha puntato il dito contro la Corte in quanto «non mi è sembrata imparziale» aggiungendo: «Sono convinto che io, l'avvocato Ghedini e l'imputato vi siamo antipatici. Ed essendo una mia convinzione posso dire che questa antipatia non è nemmeno ricambiata». Dopo di che è toccato al difensore del produttore Frank Agrama («i pilastri dell'accusa confliggono con il materiale probatorio» emerso dal processo).
Si ritorna in aula sabato prossimo mentre per il 23 marzo è attesa la sentenza. Infine c'è da aggiungere che la decisione di respingere l'istanza di legittimo impedimento potrebbe avere qualche effetto anche lunedì prossimo sul processo Ruby dove verrà riproposta la questione. E sarà di nuovo scontro.