I deputati 5 Stelle occuperanno il Parlamento
Il M5S porta avanti la sua battaglia di ritorno alla centralità del Parlamento e chiede a gran voce che le commissioni vengano messe in grado di lavorare: dopo giorni e giorni di richieste cadute nel vuoto e mentre scoppia la grana «traditori», i 5 Stelle decidono ora di passare alle azioni eclatanti. Da oggi, in segno di protesta, verranno occupate le aule parlamentari: a fine seduta deputati senatori «grillini» resteranno nell'emiciclo fino a mezzanotte ed un minuto. E giovedì mattina la protesta si ripeterà nelle aule delle Commissioni che i 5 Stelle hanno deciso di autoconvocare
Il M5S porta avanti la sua battaglia di ritorno alla centralità del Parlamento e chiede a gran voce che le commissioni vengano messe in grado di lavorare: dopo giorni e giorni di richieste cadute nel vuoto e mentre scoppia la grana «traditori» (ed arriva una indiretta «sciabolata» da parte del Capo dello Stato), i 5 Stelle decidono ora di passare alle azioni eclatanti. Da oggi, in segno di protesta, verranno occupate le aule parlamentari: a fine seduta deputati senatori «grillini» resteranno nell'emiciclo fino a mezzanotte ed un minuto. E giovedì mattina la protesta si ripeterà nelle aule delle Commissioni che i 5 Stelle hanno deciso di autoconvocare. Saranno lì, spiegano i capigruppo Vito Crimi e Roberta Lombardi, per iniziare a lavorare sui testi delle proposte con una sorta di «commissioni ombra» che diano l'esatta misura del tempo che si sta perdendo invece di fare cose importanti. Tra queste, per i cinquestelle, non c'è la legge elettorale: però il M5S si è ugualmente messo al lavoro per elaborare una sua proposta che preveda il divieto del doppio mandato, le preferenze, i casi di ineleggibilità e incandidabilità. «Ci sono cose più urgenti da fare», assicurano Crimi e Lombardi che mettono in cima alle priorità il reddito di cittadinanza e indicano la strada seguita sui debiti della Pa come esempio di percorso virtuoso da imitare nei prossimi mesi per «lavorare per il bene del Paese». Di certo le elezioni non aiuterebbero: «il voto a giugno sarebbe una sciagura» profetizza Roberta Lombardi che non sembra curarsi tanto delle conseguenze politiche di tale scelta quanto del costo che graverebbe sul bilancio dello Stato. E questo, nonostante l'avvertimento del Presidente della Repubblica.