«Silvio Berlusconi,  domandata la grazia»

«Tutti e 5 i figli di Berlusconi, in modo compatto, hanno chiesto la grazia» per il cavaliere: la notizia l'ha data ieri sera Marcello Dell'Utri, ospite della trasmissione Virus su Raidue. Una rivelazione smentita prima dall'avvocato Nicolò Ghedini, che l'ha definita «infondata», poi da fonti del Qurinale che hanno fatto sapere: «Non è arrivato nulla

berlusconiROMA - «Tutti e 5 i figli di Berlusconi, in modo compatto, hanno chiesto la grazia» per il cavaliere: la notizia l'ha data ieri sera Marcello Dell'Utri, ospite della trasmissione Virus su Raidue. Una rivelazione smentita prima dall'avvocato Nicolò Ghedini, che l'ha definita «infondata», poi da fonti del Qurinale che hanno fatto sapere: «Non è arrivato nulla».


Ma la dichiarazione di Dell'Utri, grande amico del leader Pdl, aggiunge un nuovo motivo di incertezza al voto sulla decadenza, previsto il 27 novembre. È infatti possibile che, se una domanda di grazia arriverà nei prossimi giorni al Quirinale, il voto venga ulteriormente rinviato. Pochi giorni fa, in un'anticipazione del nuovo libro di Bruno Vespa, lo stesso Berlusconi aveva detto: «Se vuole, Napolitano fa ancora in tempo a concedermi la grazia». Affermazione che ha riattivato le voci su una richiesta in tal senso.


In attesa di saperne di più, in vista del Consiglio nazionale del Pdl che dovrà decidere il ritorno a Forza Italia, il faccia a faccia di giovedì sera tra Silvio Berlusconi e Angelino Alfano ha confermato che tra i due le distanze sono siderali. Il colloquio tra il vice premier e il Cavaliere è stato teso: l'ex capo del governo avrebbe chiesto al ministro dell'Interno di restare al suo fianco per collaborare alla rinascita di Forza Italia. Alfano non avrebbe chiuso la porta, avanzando però delle richieste ben precise, una su tutte la garanzia del sostegno al governo. Richiesta cui l'ex premier avrebbe risposto che è impossibile restare alleati di chi è pronto a «buttarlo fuori dal Parlamento».


Berlusconi appare dunque pronto a rompere col Pd, preparando una sorta di rappresaglia parlamentare: farò il Vietnam - avrebbe minacciato - bloccando i lavori delle commissioni. La presa di posizione del Cavaliere non avrebbe però intimidito il vicepremier, pronto a ricordare i numeri dei parlamentari disponibili a sostenere il governo e a ribadire, ancora una volta, che per influire sulle scelte bisogna restare nell'esecutivo. Insomma, l'incontro si è concluso con una fumata nera ma con la promessa comunque di rivedersi prima del Consiglio Nazionale.


Il clima è pessimo anche tra le seconde e terze file del partito, orma spaccato in due: ed è guerra sul numero di firme a sostegno dei due documenti che saranno presentati al Cn del 16, che ha una platea vasta e composita: 863 membri. In 585 avrebbero già firmato il documento «lealista» presentato da Berlusconi all'ufficio di presidenza. Ma, contano i «falchi», in 645 sarebbero pronti a votarlo, contro i soli 130 sostenitori del documento dei governativi (80 gli indecisi). Un numero che gli alfaniani smentiscono, dicendo di aver raccolto 320 firme al documento filogovernativo. E Roberto Formigoni invoca il voto segreto al Cn, sulle mozioni: una proposta respinta da Mara carfagna e Remata Polverini. Il voto segreto, spiegano i lealisti, è una «panzana» perché non previsto dallo statuto e «mai usato» in un partito.

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