Sulle riforme è scontro tra Renzi e Alfano
Al suo rientro dalla visita di Stato in Messico Enrico Letta troverà aperto un nuovo fronte di battaglia: quello tra Matteo Renzi e Angelino Alfano. Le distanze tra il segretario del suo partito e il suo vice di governo si stanno facendo pericolose. Il leader democratico spiega chiaro e tondo che se il Ncd non accetta il pacchetto di riforme del Pd (a cominciare da quella del Senato) si apre un problema tra l'azionista di maggioranza della coalizione e il partito che assicura a palazzo Madama la tenuta del governo
Al suo rientro dalla visita di Stato in Messico Enrico Letta troverà aperto un nuovo fronte di battaglia: quello tra Matteo Renzi e Angelino Alfano.
Le distanze tra il segretario del suo partito e il suo vice di governo si stanno facendo pericolose. Il leader democratico spiega chiaro e tondo che se il Ncd non accetta il pacchetto di riforme del Pd (a cominciare da quella del Senato) si apre un problema tra l'azionista di maggioranza della coalizione e il partito che assicura a palazzo Madama la tenuta del governo.
Ma Gaetano Quagliariello replica: «Non ci stiamo al prendere o lasciare». L'atteggiamento di Renzi, accusa il capogruppo Ncd Maurizio Sacconi, è «arrogante» e non aiuta affatto a garantire la «stabilità operosa» dell'esecutivo nel 2014 quando si dice sicuro che il Pd sarà al governo con Ncd «il tempo necessario per far approvare ius soli e civil partnership». Sui due temi restano forti le perplessità e chiari i paletti del partito del vicepremier. Ma il segretario del Pd scommette che riuscirà a farli passare, non intende indietreggiare. E non ci sta, Renzi, neanche a far passare l'idea che, arrivato al comando, voglia un rimpasto. «Piacerebbe al M5S, per poi accusarci, ma non ci caschiamo: non ci mettiamo in una lotta di poltrone, perché la logica del rimpasto è vecchia, stantia».
«Se poi il premier - aggiunge il segretario - pensa che alcuni ministri non stiano andando bene fa benissimo a cambiarli». Sta a Letta, insomma, decidere. Sulla rotazione in Cdm, così come sul caso De Girolamo. Anche se sulla vicenda della ministra Ncd il Pd, che ha pronta un'interpellanza, prenderà una «sua posizione unitaria» dopo averla ascoltata.
Del rimpasto, che non piace a Ncd, e del nuovo contratto di coalizione si tornerà a parlare solo al rientro di Letta.
Ma è la trattativa su riforme e legge elettorale a segnare alta tensione nella maggioranza.
Un segnale molto preoccupante, secondo Renzi, viene dalla proposta presentata da Ncd per la riforma del Senato. Prevede infatti che sia un organo elettivo e che ci sia uno stipendio per i senatori. Una proposta che Renzi «non condivide» e mette a rischio l'intero accordo sulle riforme. Perchè bicameralismo, titolo V e legge elettorale sono parte di un unico pacchetto inscindibile. E allora, denuncia il sindaco, quello di Alfano è «un passo indietro» che rischia di creare un «problema» anche a Letta. Perchè un'intesa sulle riforme garantirebbe al governo di durare «almeno un anno».
Intanto Renzi avrebbe incontrato ieri Denis Verdini e l'emissario di Berlusconi gli avrebbe consegnato la risposta ufficiale di FI: disponibili a un'intesa sul sistema elettorale spagnolo.
La soluzione ispanica spaccherebbe la maggioranza e forse anche il Pd, ma Renzi non la accantona. Nè intende accantonare il dialogo con il Cav, con cui non esclude un incontro. Perché, ribadisce, l'obiettivo è «portare a casa» una legge con il più ampio consenso. «Ci presentiamo con un testo solo se in condizione» di vararlo, «altrimenti è tempo perso», spiega il sindaco. E nonostante i tempi si facciano sempre più stretti per portare la legge in aula il 27 gennaio, non è detto che il segretario sveli la proposta Pd giovedì in direzione.
Renzi è alla ricerca dei numeri in Parlamento. E continua a guardare con interesse anche al Mattarellum, sostenuto da Sel e Sc, ma su cui si potrebbe tentare di portare anche FI e parte del M5S. Mentre il sistema dei sindaci, che gode di largo consenso nel Pd (è forte il pressing della minoranza, dei governativi e dei lettiani), sarebbe sostenuto da Ncd. Ma c'è timore, nella segreteria renziana, per il rischio di «paludi» parlamentari e per eventuali tentazioni dei partiti piccoli e anche di qualche dem, ad andare al voto con la legge proporzionale scrittà dalla Consulta.