Cinque anni da Eluana ancora senza una legge

ROMA - A cinque anni dalla morte di Eluana Englaro, gli italiani stanno ancora aspettando una legge sul testamento biologico. Erano infatti le 20.10 del 9 febbraio 2009 quando la ragazza, originaria di Lecco e in coma da 17 anni, moriva in una clinica di Udine a seguito della sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione che la tenevano in vita, una decisione che aveva richiesto, al papà Beppino e alla mamma Saturnia, 11 anni di lotte nelle aule dei tribunali per veder rispettata quella che ritenevano la volontà della propria figlia, contraria all’accanimento terapeutico.

ROMA - A cinque anni dalla morte di Eluana Englaro, gli italiani stanno ancora aspettando una legge sul testamento biologico. Erano infatti le 20.10 del 9 febbraio 2009 quando la ragazza, originaria di Lecco e in coma da 17 anni, moriva in una clinica di Udine a seguito della sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione che la tenevano in vita, una decisione che aveva richiesto, al papà Beppino e alla mamma Saturnia, 11 anni di lotte nelle aule dei tribunali per veder rispettata quella che ritenevano la volontà della propria figlia, contraria all’accanimento terapeutico, ma a distanza di cinque anni, come denuncia Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni «non sembra esserci neppure la volontà del Parlamento di legiferare su questi temi».

 

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In concomitanza con la morte di Eluana, nel  marzo 2009, era stato infatti approvato in prima lettura un disegno di legge, noto come Ddl Calabrò osteggiato da alcuni associazioni e dalla Fp Cgil che aveva raccolto 10mila firme contrarie. Il testo si era poi arenato in Senato fino al sopraggiungere della fine della legislatura. E il tema del testamento biologico non è stato più  affrontato. «Ci sono decisioni dei tribunali che compongono una giurisprudenza su cui ci possiamo basare, ma di fatto ci vorrà legge» spiega ancora Gallo, e a lei si associa il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, secondo il quale «legiferare sul testamento biologico servirebbe più che per ribadire il diritto a lasciare delle volontà che vengano poi rispettate, un diritto già garantito in Costituzione,  a fare chiarezza sugli obblighi in capo ad altri soggetti che se ne prendono cura, come ad esempio i medici». In assenza di una legge, aggiungono i rappresentanti dell’Associazione Luca Coscioni, «oltre 110 comuni in Italia hanno attivato il registro sul testamento biologico: questo significa fornire un servizio ai cittadini, agevolarli nel far rispettare la loro volontà». I registri  comunali sul testamento biologico sarebbero però «inefficaci» secondo Eugenia Roccella, parlamentare di Ncd, che all’epoca del caso Englaro era sottosegretario alla Salute: Roccella ricorda a questo proposito un parere dato dal Ministero della Salute e da quello del Welfare ai comuni, nel quale si rilevava l’inefficacia completa dei registri sul testamento biologico in assenza di una normativa che li regolasse. «Abbiamo sempre pensato che una legge sul testamento biologico non fosse necessaria, perchè bastavano gli articoli della Costituzione  sulla libertà di cura e il diritto dei medici di agire in scienza e coscienza» aggiunge Roccella, riaprendo di fatto il dibattito sull’opportunità o meno di legiferare su testamento biologico.
Mentre esattamente cinque anni dopo la morte di Eluana oggi, nonostante la richiesta di silenzio sulla vicenda da parte di papà Beppino, una delegazione di 20 venti manifestanti di Militia Christi si è recata davanti alla clinica «La Quiete», dove morì la giovane, esponendo uno striscione con la scritta «Per Eluana ... mai più eutanasia» e il parlamentare di Scelta Civica Gian Luigi Gigli ha definito inattuabile in Friuli «la proposta di inserimento del testamento biologico nella tessera sanitaria» come aveva chiesto l’Associazione «Per Eluana».

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