I 70 anni di Reinhold Messner «Il mio alpinismo è fallito»
«Non è importante essere ricordati, ma aver avuto una vita limpida. Nella mia vita sono sceso a pochi compromessi e questo forse mi ha permesso di raggiungere, se non tutti, almeno alcuni obiettivi». A 70 anni Reinhold Messner sta invecchiando «con dignità», come si era ripromesso qualche anno fa, quando aveva detto addio alle montagne più alte del mondo
«Non è importante essere ricordati, ma aver avuto una vita limpida. Nella mia vita sono sceso a pochi compromessi e questo forse mi ha permesso di raggiungere, se non tutti, almeno alcuni obiettivi». A 70 anni Reinhold Messner sta invecchiando «con dignità», come si era ripromesso qualche anno fa, quando aveva detto addio alle montagne più alte del mondo. Non nasconde la sua età, come dimostrano la barba e la chioma ormai quasi grigia.
L’altoatesino è stato il primo ad aver conquistato tutti i 14 Ottomila, il primo ad aver scalato in solitaria l’Everest, oltretutto senza bombole d’ossigeno. L’alpinista però non vive nel passato. «Per fortuna - dice - sono ancora sano e lucido, posso scalare le Dolomiti e qualche seimila». Senza troppi preamboli afferma che il suo alpinismo «è fallito, non esiste più».
«Forse - spiega - Bonatti è stato l’ultimo vero alpinista e la mia generazione ha portato il suo stile leggero sulle montagne più alte del mondo. Oggi però questo alpinismo non viene più praticato dai giovani, che preferiscono la scalata veloce sulle vie preparate». Secondo Messner, «l’alpinismo è infatti molto cambiato negli ultimi 30 anni» con il boom dell’arrampicata sportiva nelle palestre e con le cime più alte e più belle del mondo rese accessibili ai turisti con corde e scale. «Abbiamo - aggiunge - una divisione chiara tra sport, turismo e quel po’ di alpinismo che è rimasto».
A Castel Firmiano, alle porte di Bolzano, il più grande dei suoi cinque musei della montagna, Messner attraversa il cortile. Alcuni turisti scattano una foto veloce con i telefonini, altri lo fermano e gli stringono la mano. Presto a Plan de Corones, in val Pusteria, verrà inaugurato il suo ultimo museo, progettato dall’archi-star Zaha Hadid.
«Sto finendo - scherza Messner - la mia sesta vita, se consideriamo la mia vita da rocciatore, alpinista d’alta quota, avventuriero nei grandi deserti, politico, studioso dello yeti e delle montagna sacre e infine il lavoro culturale con i miei musei».
Nella sua settima vita Messner vuole invece fare il «narratore», «ovvero riportare attraverso il cinema le esperienze ed emozioni vissute in giro per il mondo».
Messner è sempre stato un uomo politico e lo è tuttora. «Se ho qualcosa da dire, lo faccio portando delle proposte», afferma l’ex eurodeputato Verde. «Renzi? Ha le idee chiare, sa cosa si dovrebbe fare», commenta. «So quanto sia difficile in Italia portare avanti dei progetti complessi. Quello che manca a Renzi è la chiara visione dei veri problemi dell’Italia, che in alcuni settori, come per il turismo e il cibo, era all’avanguardia». «Se l’Italia - aggiunge - non riesce a riconquistare la leadership in qualche campo, siamo finiti. Saremo secondo e poi terzo mondo. E sarà colpa nostra, non degli altri, siamo tutti responsabili di cosa sta succedendo in Italia».
Guardando indietro, il Re degli ottomila si considera «molto fortunato». «Sono infatti nato dopo la guerra in un periodo povero, ma un periodo ricco di speranze», spiega. «Oggi un giovane trova un mondo chiuso e sovraffollato, un mondo nel quale non è solo molto difficile trovare un lavoro, ma anche esprimersi, fare qualcosa di eccezionale». In occasione del suo 50° compleanno aveva detto che il giorno più bello della sua vita doveva ancora venire. Messner sorride, sentendo questa sua frase, e dice che anche 20 anni dopo questo giorno deve ancora arrivare. «Ritengo - dice - che la felicità non ci viene regalata, bisogna conquistarla ogni giorno con il coraggio di vivere la propria vita e i propri sogni».