Corte dei Conti: il Comune di Trento deve spendere meno
Il Comune di Trento è ancora troppo "grasso", deve proseguire con una decisa cura dimagrante sul fronte della spesa corrente e, in particolare, del personale. In estrema sintesi è questo il giudizio che la Sezione di controllo della Corte dei conti dà al bilancio di previsione 2014 del capoluogo. Diciamo subito che per Andreatta e & Co. non si tratta di una bocciatura. Nella relazione del consigliere Gianfranco Postal, si individuano alcune «criticità», tuttavia «non costituenti gravi irregolarità».
Come dire che la strada intrapresa dal sindaco è quella giusta, anche se serve qualche aggiustamento.
Risparmi. «La Sezione - si legge nella relazione - evidenzia come il livello della spesa corrente dell'ente, con particolare riferimento a quella per il personale, risulti significativamente elevata, considerando le dimensioni del comune e che l'incidenza media di tale fattore sul totale della spesa del titolo I a livello nazionale è del 29,93%, per il Trentino Alto Adige del 32,59%, mentre per l'ente è del 35,81% con riguardo all'esercizio 2013. Pertanto risulta necessario proseguire ulteriormente ed implementare il Piano di miglioramento dell'Ente con riguardo all'intera spesa corrente e in tale ambito, a quella del personale». Risparmi su questo fronte sono già in cantiere: il Piano di miglioramento a regime, nel 2018, prevede una riduzione delle spese per personale di 1,8 milioni e di 2,7 milioni per acquisto di beni e servizi.
Equilibrio di bilancio. Non è stato raggiunto l'equilibrio di parte corrente (la differenza negativa è pari a 1,68 milioni di euro). Per la copertura è stata usata parte dei proventi da concessioni edilizie. Come indicato più sopra c'è però un Piano di miglioramento con risparmi sul fronte della spesa. Tuttavia secondo i giudici «non risultano sufficienti elementi conoscitivi per valutare se gli effetti di riduzione della spesa corrente previsti dal Piano di miglioramento abbiano carattere strutturale» o si esauriscano in pochi anni. Inoltre, «l'utilizzo sistematico del Fondo investimenti minori per spese correnti, ancorché la legge provinciale ne consenta l'utilizzo, ma non in via ordinaria, non appare coerente ai fini di una programmazione dei flussi finanziari e degli equilibri di bilancio conformi ai principi di finanza pubblica».
Infine parte consistente delle entrate correnti è data dagli utili degli organismi partecipati (in particolare Dolomiti Reti, Dolomiti Energia e Findolomiti Energia).
«Le dimensioni nel tempo di tali entrate - sottolineano i giudici contabili - sono correlate all'alea imprenditoriale e all'andamento dei mercati e quindi soggette a fluttuazioni. Pur tenendo conto della correttezza dell'utilizzo di tali fonti dell'entrata, va anche evidenziata l'esigenza di valutare tali apporti al fine di assicurare i futuri equilibri di bilancio dell'ente».
Come dire non facciamo troppo affidamento sulla buona performance di Dolomiti Energie e degli altri gioielli del Comune.
Risultato gestionale.
Nel 2013 il risultato è stato negativo per 11 milioni di euro. Il dato però non desta preoccupazione: viene definito «episodico» in quanto è relativo all'estinzione anticipata di 20 mutui, operazione finanziata con l'utilizzo dell'avanzo 2012.
Multe e tributi non pagati. Tasto dolente in molte amministrazioni, Trento non fa eccezione.
La Corte sottolinea la «scarsa previsione nella capacità di riscossione dei residui attivi, in particolare si prevede di riscuotere il 34,19% dei residui in conto residui delle sanzioni amministrative per violazione al Codice della strada e quasi nulla (il 3,51%) dei residui da recupero evasione tributaria». Nel dettaglio: i 265 mila euro di residui tributari sono ora in gran parte (233 mila euro) crediti di dubbia esigibilità. «L'attività di riscossione ha spesso esito negativo per una pluralità di ragioni, che vanno dal decesso o dall'irreperibilità del debitore all'incapienza dello stesso». Altrettanto difficile è incassare parte delle multe per violazioni al Codice della strada. I residui attivi a fine 2013 erano pari a 1,2 milioni, ma nel 2014 sono state effettuate riscossioni per 159 mila euro. «Viene mandata a ruolo una percentuale che si aggira intorno al 25% delle sanzioni comminate», cioè una multa su quattro è difficile da incassare. Perché? Sono «soggetti con scarsa o nulla capacità di pagamento».