Legge di stabilità Ok per Trentino Alto Adige, rivolta nelle Province ordinarie
L’approvazione al Senato del maxiemendamento comprendente il nuovo accordo finanziario fra lo Stato e le Province autonome di Trento e di Bolzano «è un’importante risultato politico che conferma l’importanza strategica dell’accordo a suo tempo firmato tra il Patt e la Svp con il Pd nazionale, nonchè della compattezza della delegazione parlamentare che fa riferimento al centrosinistra autonomista». Lo afferma il segretario politico del Patt, senatore Franco Panizza.
«L’inserimento nella Legge di stabilità dei termini essenziali dell’intesa è un fatto importante perché per nulla scontato», aggiunge.
«Adesso ci attendono sfide impegnative che sono state tutte indicate all’interno dello stretto patto di collaborazione firmato alcune settimane fa a Bolzano con la Svp: dalla riforma costituzionale dell’Italia alle proposte del nuovo Statuto d’Autonomia, alla ridefinizione del quadro istituzionale regionale ed euroregionale, all’attuazione delle nuove competenze e dei nuovi accordi finanziari, fino alla riforma elettorale nazionale», conclude il senatore del Patt.
Molto positivo anche il commento del presidente del gruppo per le Autonomie al Senato, l'esponente Svp Karl Zeller: «Esprimiamo la nostra soddisfazione per l’inserimento nel maxiemendamento, approvato dal Senato, dopo una maratona notturna in Aula, alle 5 del mattino, del nuovo accordo finanziario per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol che pone fine all'impressionantecontenzioso instaurato negli ultimi anni. Bisogna dare atto al governo Renzi di essere stato il primo governo ad affrontare questo delicato problema con serietà e determinazione.
Con questo patto, che modifica gli Statuti di autonomia di Trento e di Bolzano, le due province autonome, pur dando un contributo importante al risanamento della finanza pubblica, potranno avere certezza e stabilità nella programmazione finanziaria negli anni a venire. Un'ulteriore prova della serietà dell'impegno di non procedere a tagli unilaterali - continua Zeller - è la nota informativa indirizzata al cancelliere austriaco Werner Faymann con la quale si ribadisce la volontà che anche in futuro verrà rispettato il principio consensuale ove si modifichino norme del pacchetto.
Salutiamo, poi, con favore l’approvazionedella norma programmatica che prevede la delega per le Agenzie fiscali e le funzioni amministrative della magistratura ordinaria, tributaria eamministrativa in capo alle province autonome di Trento e di Bolzano al fine di gestire questi importanti servizi in modo più efficiente. Altro punto positivo è che si è trovata una soluzione per le agevolazioni per l’acquisto di Gpl e gasolio per le aree di montagna e quelle geograficamente svantaggiate riducendo notevolmente i tagli originariamente previsti. Siamo finalmente riusciti a correggere la normativa relativa alle sezioni provinciali di Trento e di Bolzano della Croce rossa. Importante è anche avere chiarito - conclude - che le nostre imprese potranno dedurre, nella misura prevista dalla normativa statale, l'imposta immobiliare Imi che in provincia di Bolzano ha sostituito l’Imu».
Tutt'altro clima si respira, invece, nelle Province ordinarie, dove proseguono mobilitazioni sindacali, denunce e annunci di nuove lotte in seguito all'inserimento nella legge di stabilità di una norma che obbliga gli enti, già depotenziati e bastonati dalla riforma Delrio, a cedere la metà del personale a Comuni e Regioni, peraltro senza che da Roma sia arrivata alcuna indicazione su chi e come poi dovrà occuparsi dei servizi provinciali che rimarranno privi dei relativi addetti.
Il reimpiego dei dipendenti delle Province ridotte a enti di secondo grado dalla riforma così come le rassicurazioni governative sono «inquietanti» secondo il leader di Sinistra ecologia e libertà, Nichi Vendola. «Renzi e Delrio pensano che il personale debba essere riassorbito da qualcun altro, ma il governo gioca con i soldi degli altri, che però quei soldi non hanno. È un punto interrogativo gigantesco, purtroppo la propaganda produce danni enormi».
Di fronte alla ondata di proteste, comprese quelle a scoppio ritardato di chi per anni ha assistito senza far nulla all'avanzare della riforma molto cara al premier Renzi ma elaborata già dall'esecutivo Letta, il governo ieri ha cercato di rassicurare spiegando che per due anni i dipendenti delle Province non perderanno il loro lavoro ma scatterà il ricollocamento in altre amministrazioni, prioritariamente negli uffici giudiziari. Ma dal 2017, per chi non avrà trovato nuovo posto con la mobilità interna, scatteranno le procedure di mobilità, con l’80% dello stipendio.
Forse un modo per prendere tempo, magari consapevoli del pasticcio combinato e sul quale ora anche le principali sigle sindacali sono sul piede di guerra.
«Nessuno rimarrà per strada», ripete il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio, a suo tempo grande regista, insieme a Matteo Renzi, dell'operazione svuota-Province, passata quasi a furor di popolo, fra superficialità informativa nel mondo dei media e grande supporto sfruttando l'onda dell'antipolitica.
Ora, però, i nodi vengono al pettine e si misurano in termini di servizi concreti: edifici scolastici da riscaldare o da riparare, strade da sistemare, neve da spazzare eccetera.
Anche il ministro per gli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta, dichiara che «nessun dipendente delle Province perderà il posto di lavoro né tantomeno si vedrà ridotta la retribuzione». Intanto è in agenda un incontro tra governo e sindacati per martedì 23 dicembre. «Dipendenti province abbiate fiducia martedì ore 13 incontriamo con Lanzetta Cgil, Cisl e Uil per spiegare il percorso», avvisa il ministro dell funzione pubblica Mariana Madia in un tweet.
Nesuno dal governo, però, spende qualche parola per spiegare come si dovrebbero riorganizzare i servizi, al punto che accanto al timore per il destino di circa 20 mila lavoratori considerati in esubero oltre ai 2 mila precari (la cui riduzione del 50% scende al 30% per le Città metropolitane e per le Province montane) c'è appunto quello riguardante gli aspetti meramente funzionali sul territorio: chi farà che cosa e come?
Il malcontento è cresciuto in queste settimane e, come già avvenuto nei giorni scorsi, si è tradotto anche oggi in occupazioni di sale consiliari e cortei. I sindacati hanno annunciato lotta a oltranza, dal governo sono arrivate soltanto parole di rassicurazione.
«Il personale delle Province non rimarrà per strada ma verrà assorbito tramite blocco di tutte le assunzioni in tutte le amministrazioni dello Stato e affini», ha aggiunto Delrio, sottolineando che nel maxiemendamento alla legge di stabilità c'è un «elemento di certezza e non d’incertezza come qualcuno ha erroneamente sottolineato».
Anche a Firenze, città del premier, è proseguita l’occupazione di alcuni locali della Provincia da parte dei dipendenti che hanno minacciato di portare avanti, se necessario, l’iniziativa anche a Natale.
Corteo nelle vie del centro a Pisa dove a rischio sarebbero 250 posti di lavoro: i lavoratori hanno appeso lungo l’Arno due striscioni contro il premier Renzi; nel primo, appeso sulla balaustra del Ponte di Mezzo, è stato scritto «Provincia licenziata, piena incontrollata» riferendosi alle attività dell’ente in materia di difesa del suolo.
Occupazione anche nella sede della Provincia di Arezzo: i dipendenti dell’amministrazione, delle società e delle cooperative che si occupano di servizi afferenti alle competenze provinciali si sono radunati dapprima nella Sala dei Grandi della Provincia; poi sono scesi in piazza e hanno appeso sul palazzo della Provincia un drappo nero in segno di lutto. A Vicenza occupazione simbolica dell’aula del Consiglio provinciale di Palazzo Nievo.
La stessa cosa hanno fatto i dipendenti della Provincia di Imperia. Non solo: un migliaio di dipendenti delle quattro province liguri ha manifestato a Genova bloccando il traffico nel centro città. I manifestanti sono arrivati in Consiglio regionale, facendo sospendere i lavori dell’assemblea. Anche a Brindisi i dipendenti della Provincia hanno occupato i locali dell’ente.
«Chiediamo al Parlamento di evitare il peggio, alle Regioni di fare la loro parte», hanno chiesto i segretari generali di Fp-Cgil, Rossana Dettori, di Cisl-Fp, Giovanni Faverin e di Uil-Fpl, Giovanni Torluccio avvertendo che i tagli previsti «mettono a rischio il funzionamento dei servizi di area vasta, dalla sicurezza scolastica alla tutela ambientale, passando per la viabilità e le politiche attive sul lavoro».
Fra le situazioni particolari, quella della vicina Provincia di Belluno, che attende da decenni l'attuazione di una forma di autonomia per questa terra alpina e finora non ha ottenuto nessun risultato concreto (salvo il riconoscimento normativo e una promessa di autogoverno nella legislazione del Veneto che però attende i provvedimenti attuativi).
Nel frattempo, quasi tutti i i comuni bellunesi della fascia di confine hanno celebrato referendum costituzionali per chiedere (invano) il trasferimento in Regioni a statuto speciale: il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia.