«La buona scuola» stenta a decollare
Il pressing va avanti per tutto il giorno: parlamentari Pd e ministro uniti per convincere Renzi a ripensarci e rimettere in campo un decreto per la riforma della scuola e dare il via al piano di assunzioni straordinarie di 120 mila insegnanti da settembre. Ma il premier è irremovibile: niente decreto, la riforma va tutta trasposta in un ddl da affidare alla responsabilità del Parlamento. Perché chi lo accusa di essere un «dittatorello» si prenda anche, eventualmente, la responsabilità di far saltare le assunzioni con ostruzionismo o altre lentezze. Ma a fine giornata il risultato è uno stallo in Cdm, dopo un lungo braccio di ferro con il ministro Giannini: il governo fa un esame preliminare, il premier chiede ai ministri di inviare contributi sul testo ma il via libera al ddl è rinviato a martedì prossimo.
Fonti del ministero osservano che fino all'ultimo non disperano di convincere il premier a trasporre il piano di assunzioni in un decreto, perché con i tempi parlamentari rischia di saltare tutto. Ma chi ha modo di parlare con Renzi riferisce una posizione al riguardo molto netta: «Fare un dl solo per le assunzioni sarebbe come recitare liturgie da vetero-sinistra, vetero-sindacalismo». In Parlamento ci sono i tempi per farcela, sostiene il premier, a meno che non siano le stesse Camere a valutare la necessità di un decreto. L'allarme scattato nella serata di lunedì, con l'annunciata decisione di Renzi di rinunciare al decreto, porta il ministro Stefania Giannini - incredula per quanto accade - a Palazzo Chigi in mattinata per un colloquio di un'ora e mezza. I testi sono a quel punto già pronti: un ddl e un dl. Ci sono le coperture per 120 mila assunzioni di precari della scuola: un miliardo per i 4 mesi del 2015 (stanziati dall'ultima legge di stabilità) e tre miliardi a regime dal 2016. Giannini spiega al presidente del Consiglio che se non si fa subito un decreto, non più tardi di qualche giorno, le assunzioni promesse a decine di migliaia di precari per quest'anno, rischiano di saltare. Con il turn over e la copertura dei posti vacanti i nuovi assunti, stima qualche parlamentare, a settembre saranno non più di 35 mila.
Dall'altra parte, però, c'è la necessità di fare bene e non solo presto. Le pressioni ricevute dal ministero e da Palazzo Chigi nelle ultime settimane sui criteri sui quali impostare il piano di assunzioni straordinario, sarebbero per il premier la riprova che per non sbagliare bisogna far discendere le assunzioni dalla riforma e non viceversa. Il piano per i precari, per di più, era stato inserito in un decreto che conteneva tanti temi diversi (dalla scuole paritarie al potenziamento di alcune discipline), non tutti caratterizzati da criteri di necessità e urgenza. Di qui, spiegano fonti renziane di governo, la retromarcia imposta dal premier. Alla luce anche delle parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla decretazione d'urgenza, il leader del Pd decide di restituire la parola - e la responsabilità del varo in tempi «non biblici» - al Parlamento.
Apriti cielo. Per tutta la giornata precari, sindacati, tecnici, parlamentari e il ministro, si uniscono in un sol coro per convincere Renzi a ripensarci. Le pressioni, tante e convergenti, ottengono per ora di rinviare il varo del ddl. Ma niente di più: se le Camere - è il ragionamento del premier - sono convinte che occorra un decreto per le assunzioni, me lo chiedano. Finora mi sono sempre sentito accusato da Brunetta e dalla Lega di essere un "dittatorello". La sinistra Pd mi ha definito centralizzatore e ha accusato il mio governo di sopraffare il Parlamento. Ma io semplicemente scelgo gli strumenti di volta in volta migliori per realizzare le riforme. Su un tema centrale come la riforma della scuola, lancio la palla al Parlamento e al dibattito politico, vediamo cosa succede».