Violenze e stupri sulle donne: l'India in fiamme
Una folla inferocita di 4 mila persone è entrata in una prigione dello Stato nord-orientale di Nagaland, ha strappato dalla sua cella e portato in strada un detenuto arrestato la settimana scorsa per stupro, lo ha denudato e poi ammazzato di botte. L’episodio conferma che il fenomeno della violenza sessuale è in India una vera e propria emergenza.
La sicurezza della prigione è stata sopraffatta senza difficoltà dalla gente che ha divelto due cancelli prima di riversarsi all’interno dell’edificio per impadronirsi di Syed Farid Khan, un uomo d’affari, sposato, di 35 anni, immigrato dal Bangladesh, reo confesso dello stupro il 23 febbraio scorso di una ragazza di 20 anni della etnia Suni Naga.
Il sanguinoso incidente è avvenuto nel giorno in cui a New Delhi si sono infiammate le polemiche sul documentario realizzato dalla regista britannica Leslee Udwin sulla vicenda della studentessa uccisa dal branco nel 2012 a New Delhi. Il documentario contiene un'agghiacciante intervista all’autista del bus Mukesh Singh, uno dei responsabili della morte della studentessa, che si trova oggi nel braccio della morte.
Ceduto alla Bbc che lo ha trasmesso mercoledì sera sul suo quarto canale, il documentario, dal titolo «India’s Daughter», è stato proibito in India dove però migliaia di persone lo hanno potuto vedere per varie ore in una versione offerta da Youtube. Fino a quando le autorità indiane non sono riuscite a far applicare l’ordinanza di un magistrato che ne proibiva la diffusione.
Di fronte alla «sfida» dell’emittente britannica, il governo indiano ha fatto sapere per bocca del ministro dell’Interno Rajnath Singh che sta studiando le possibili risposte giudiziarie alla diffusione del filmato, costato alla regista Udwin - che ha lasciato ieri New Delhi per prudenza - due anni di lavoro.
Per tutta la giornata comunque le tv ed i media online indiani hanno ospitato accesi e polemici dibattiti sulla opportunità o meno di vietare un film che si propone di mettere a nudo, attraverso una serie di testimonianze, la realtà della condizione della donna in India.
Comunque, poche ore dopo la trasmissione del documentario da parte della Bbc, l’hashtag #IndiasDaughter è diventata il «numero uno» globale su Twitter e altre due - #NirbhayaInsulted e #DontRapeAgain - hanno occupato rispettivamente la seconda e quarta posizione.
Per quanto riguarda invece l’incidente in Nagaland, in un comunicato due Ong umanitarie - Naga Council Dimapur e Naga Women Hoho Dimapur - hanno sostenuto che «non solo la ragazza è stata narcotizzata e violentata ripetutamente, ma ha subito percosse e minacce di morte».
Di fronte alla mobilitazione popolare, le autorità hanno decretato il coprifuoco nel distretto di Dimapur. Anche perché dal giorno dello stupro la tensione è rimasta altissima e ieri durante uno sciopero decretato dalla Federazione degli studenti Naga una ventina di negozi, presumibilmente appartenenti ad immigrati dal Bangladesh, sono stati saccheggiati.
Maurizio Salvi [Ansa]