La disoccupazione ritorna a salire e resta l'allarme giovani

Lo rileva l'Istat, mentre consumi e industria manifatturiera danno segnali positivi

L’ottimismo sulla ripresa e sugli effetti positivi del Jobs act e degli sgravi fiscali per le nuove assunzioni si arenano davanti ai dati Istat sul mercato del lavoro. A marzo, dicono le nude e crude statistiche dell’Istituto, il tasso di disoccupazione è cresciuto ancora dopo la risalita registrata a febbraio, tornando sulla soglia del 13% ed archiviando definitivamente i cali registrati a dicembre e a gennaio. Allo stesso tempo il numero di occupati è diminuito per il secondo mese consecutivo, perdendo 59 mila unità rispetto a febbraio e tornando, in questo caso, sul livello dello scorso aprile.

Il lavoro sta insomma perdendo l’appuntamento con la ripresa economica o, nel migliore dei casi, non l’ha probabilmente ancora agganciata. Lo stesso Istituto di statistica continua infatti a confermare le previsioni di un miglioramento dell’economia nella prima metà del 2015. Ma se consumi, industria manifatturiera e soprattutto export, grazie all’effetto cambio, stanno dando segnali innegabilmente positivi, «tali andamenti - scrivono i tecnici di Via Cesare Balbo - non trovano ancora riscontro nelle dinamiche del mercato del lavoro». Di miglioramenti «significativi» in tutto il primo trimestre dell’anno (da quando cioè sono scattati sia gli sgravi Irap che, in seconda battuta, il contratto a tutele crescenti), non se ne sono visti.

Il dato più eclatante è quello dei giovani: nella fascia 15-24 anni la disoccupazione è risalita oltre il 43%, al 43,1% con un aumento di 0,3 punti percentuali rispetto al 42,8% di febbraio.
I numeri sembrano così smentire i dati forniti solo qualche giorno fa dal ministero del Lavoro che parlavano di 92 mila contratti in più rispetto a marzo dello scorso anno. Nel confronto bisogna però considerare che quelli che arrivano dal ministero sono numeri basati sulle comunicazioni amministrative delle imprese pronte ad attivare un contratto a livello subordinato. L’Istat procede invece con rilevazioni a campione su tutto lo stock di occupati e disoccupati, considerando anche gli autonomi e i precari. Il punto di incontro tra le due letture potrebbe quindi stare nell’aumento dei lavoratori contrattualizzati, che però non determinano un aumento assoluto nel numero degli occupati.

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