Strage al Bardo, arrestato giovane marocchino. Arrivato in Italia su barcone

Viveva in Italia uno dei ricercati per la strage al Museo del Bardo di Tunisi del 18 marzo scorso in cui persero la vita 24 persone, tra cui quattro italiani. E nel nostro Paese ci era arrivato dentro a un barcone stipato di migranti, come lui. Lo hanno arrestato martedì Polizia e Carabinieri, nel milanese.


Quel giovane marocchino che viveva con la famiglia e andava a scuola di italiano, secondo la magistratura di Tunisi - che nei suoi confronti ha spiccato un mandato di cattura internazionale - sarebbe un fiancheggiatore dei terroristi.
L'uomo, Abdelmajid Touil, di 22 anni, è stato individuato grazie alla collaborazione tra i servizi tunisini e quelli italiani, che hanno avvisato della sua possibile presenza nell'hinterland del capoluogo lombardo. Una dritta che ha permesso agli investigatori appostati sotto casa sua di bloccarlo mentre rincasava. Verso mezzogiorno Touil è stato fermato per strada per un controllo dagli agenti della polizia locale di Gaggiano, i quali, una volta accertato che si trattava della persona «sospettata» e segnalata dall'intelligence tunisina, lo hanno messo a disposizione di Digos e Ros che lo hanno arrestato. Dopo di che è stato sottoposto alle procedure di identificazione previste in casi come questi, mentre il mandato di cattura internazionale tunisino è arrivato attorno alle 23 di martedì.


Il 22enne viveva in un appartamento di una palazzina in via Pitagora, a Gaggiano, un paese alle porte di Milano, che condivideva con la madre Fatima, due fratelli e il figlio di uno di questi. In camera sua gli investigatori della Digos hanno trovato e sequestrato del materiale che sarà analizzato dall' Antiterrorismo, in particolare il contenuto di alcune pen-drive.


Sulle prime si era detto che Touil avrebbe potuto essere tra gli ideatori dell'attentato, ma in serata le autorità tunisine hanno precisato che ritengono che il 22enne marocchino abbia fornito sostegno logistico al gruppo armato responsabile dell'assalto. Lo ha reso noto il portavoce del ministero dell'Interno tunisino, Mohamed Ali Aroui: «Le autorità tunisine e quelle italiane - ha detto il portavoce - si stanno coordinando per la sua estradizione».


È lungo l'elenco delle accuse mosse dalla Procura di Tunisi: l'uomo deve rispondere di «omicidio volontario con premeditazione; cospirazione al fine di commettere attentati contro la sicurezza interna dello Stato e commettere un attentato per mutare la forma di governo, incitare la popolazione ad armarsi l'una contro l'altra e provocare disordini sul territorio tunisino; sequestro di persona a mano armata; partecipazione ad addestramento militare all'interno del territorio tunisino al fine di commettere reati terroristici; utilizzo del territorio della Repubblica al fine di reclutare e addestrare persone per commettere atti terroristici». Il marocchino è anche indagato dalla Procura di Milano per terrorismo internazionale. Accusa contestata per effettuare le perquisizioni a seguito dell'arresto.


A Gaggiano, però, c'è incredulità sulla vicenda che lo ha coinvolto. Uno dei due fratelli ha detto che «è arrivato su un barcone come tanti altri e da quel momento non è più partito» ma è «rimasto sempre in Italia». La madre, Fatma, ha raccontato: «Il 18 marzo abbiamo visto insieme le scene dell'attentato in tv». Ed ha mostrato la copia di un foglio di espulsione a suo carico che era stato emesso il giorno del suo arrivo in Italia, il 17 febbraio 2015. Insomma, lo stesso giorno in cui è arrivato sarebbe stato espulso, ma solo sulla carta, come avviene spesso. Ora anche la Procura di Milano, sulla base di queste affermazioni secondo cui il giovane dal 17 febbraio non si sarebbe più mosso dall'Italia, compirà ulteriori accertamenti. L'udienza per decidere della sua estradizione (complicata dal fatto che il codice penale tunisino prevede la pena di morte) si terrà domani nella Corte d'Appello di Milano.

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