Civati e Fassina: nuovo partito alla sinistra del Pd
Più che di partito, Pippo Civati preferisce parlare di «movimento». C’è anche lui alla convention organizzata questa mattina da Stefano Fassina, ex Pd e già viceministro economico nel governo Letta, al teatro Palladium di Roma, che vede in platea anche vari ex Pd, esponenti di Sel, Prc e altre realtà politiche.
«Quest’estate sarà un periodo di incubazione, poi in autunno arriverà il nostro progetto unitario», spiega il deputato lombardo, a sua volta uscito dal Pd contestando la linea «di destra» seguita da Renzi.
Civati definisce il Pd un «partito di centro», ecco perché, sottolinea, «c’è un grandissimo spazio a sinistra». E non è un caso che i primi passi del movimento si muovano proprio oggi, giorno dell’Indipendenza americana: «Questo è il nostro giorno di indipendenza dal Pd».
Ribadisce più volte che «bisogna uscire in strada» e che oltre ai fuoriusciti dal Pd, e perché no, anche dai Cinquestelle, quel che interessa di più «sono gli elettori».
Gli fa eco Fassina: «Siamo qui per ricominciare, per avviare un cammino nei territori con gli uomini e le donne che sono stati abbandonati dal Pd». A chi gli chiede se queste sono le prime mosse per la costruzione di un nuovo partito, Fassina risponde: «Sì, ripartiamo per arrivare a un partito».
Ci sarà spazio per i fuoriusciti del Pd ma anche dei Cinque stelle? «Siamo con chi condivide la nostra idea di cambiamento radicale dell’Italia e di un’Europa che non funziona e che schiaccia i popoli», ha risposto Fassina.
E c’è giù un «possibile banco di prova» del nuovo soggetto politico: «Le elezioni amministrative del 2016 possono essere l’occasione per mettere in campo un’offerta di buona politica - ha detto Fassina nel corso del suo intervento - e guidare alla vittoria un centrosinistra oggi debilitato».
Dice di non voler individuare un’agenda politica, ma Stefano Fassina, sul palco per la prima volta da ex Pd, individua comunque quelle che sono le priorità di un soggetto politico che oggi ha mosso i suoi primi passi.
Proposte come «rilanciare sul serio la domanda, la spesa per investimenti, fuori dalla logica fallimentare del fiscal compact, da abolire insieme alla revisione dell’art.81 della nostra Costituzione, inserita con la nostra complicità durante il governo Monti».
La seconda: «Bloccare i negoziati per il Ttip, il trattato di scambi commerciali tra Unione europea e Stati Uniti».
«La settimana prossima il Parlamento europea affronta il dossier - ha sottolineato Fassina - chiediamo ai componenti di tutti i gruppi parlamentari della sinistra di fermare il Ttip e inviarlo ai Parlamenti nazionali per consentire una discussione approfondita».
E poi, sul versante interno, «il riavvio della domanda di investimenti attraverso un piano straordinario di piccole opere immediatamente cantierabili, affidate ai Comuni per intervento contro il dissesto idrogeologico e la riqualificazione delle periferie delle città».
E ancora la povertà, l’esclusione sociale, il lavoro di cittadinanza, la redistribuzione del tempo di lavoro, ma anche l’introduzione di flessibilità nel pensionamento, una chiara missione di politica industriale per la Cassa Depositi e Prestiti e la preparazione di proposte per la legge di Stabilità.
Non tralasciati neanche i diritti civili: «Dopo la svolta storica in Irlanda e negli Stati Uniti, tocca a noi». Così come, tra l’altro, Fassina non dimentica neanche il Mezzogiorno: «La Grecia d’Italia».
«Abbiamo lasciato il Pd perché non rinunciamo ad una grande ambizione: affrontare con coraggio intellettuale e politico domande scomode. Domande rimosse ma decisive per rianimare la politica.La Costituzione italiana può essere ancora il nostro programma fondamentale? A quali condizioni sarebbe possibile ricostruire il patto tra capitale e lavoro?», ha aggiunto l’economista romano.
Alla prima convention da ex Pd, Fassina ammette che «è stato doloroso» lasciare il partito. «Chi siamo? Siamo donne e uomini che hanno fondato, costruito e creduto nel Pd. Sergio Cofferati era uno dei 45 padri e madri del Pd. Monica Gregori ha preso la sua prima tessera di partito al Pd. Siamo donne e uomini che hanno lasciato il Pd. Tra il Pd e il popolo democratico, abbandonato dal Pd, noi che siamo qui abbiamo scelto il popolo democratico».
Quanto a Renzi, «non è un usurpatore del Pd, è l’interprete più abile della subalternità della sinistra». Con questa guida, aggiunge Fassina, «il Pd vuole essere il partito degli interessi più forti, di Marchionne, degli affari, del Lingotto».
Inevitabile un forte richiamo alla situazione greca, alla vigilia del referendum sul piano proposto dai creditori e respinto dal governo Tsipras cui va l’appoggio della sinistra italiana, ma non del segretario Pd e premier Renzi.
Per Stefano Fassina l’obiettivo del memorandum proposto ad Atene è «eliminare un governo scomodo, l’unico governo che ha osato alzare la testa per difendere il suo popolo, innanzitutto le fasce sociali più in difficoltà».
Nel corso del suo intervento al teatro Palladium, Fassina ha sottolineato che «i partiti della famiglia socialista europea, incluso il Pd, si sono uniti al coro dei conservatori».
«Hanno confermato subalternità e irrilevanza - ha aggiunto - il rischio è che il referendum in Grecia segni la conclusione della funzione progressiva svolta dal socialismo europeo nel ‘900. A chi si preoccupa dei contraccolpi per noi in caso di vittoria del sì, ricordo che le battaglie giuste si fanno anche quando sono a rischio di sconfitta.
Domani è una data storica, segna lo spartiacque nella vita delle persone e nella vita politica Europa: Siryza e il governo Tsipras hanno ridato senso alla democrazia, hanno rimesso in campo l’interesse nazionale di un paese periferico in un quadro dominato dalla Germania», conclude l'esponente della sinistra.