Mosca insiste: Erdogan coinvolto nel traffico del petrolio dell'Isis
Continua lo scontro a distanza fra Russia e Turchia dopo l’ababttimento del jet di Mosca al confine siriano.
Oggi il Cremlino rilancia la pesantissima accusa di connivenza di Ankara con i terroristi dell’Isis.
Il presidente turco Erdogan «e la sua famiglia» nonché «le più alte autorità politiche» della Turchia «sono coinvolti» nel «business criminale» del traffico illecito di petrolio proveniente dai territori occupati dall’Isis in Siria e in Iraq: lo ha dichiarato il vice ministro della Difesa russo, Anatoli Antonov.
Di tenore analogo le accuse mosse a Recep Erdogan due giorni fa dal presidente Vladimir Putin.
Il numero uno turco ha replicato che se fosse vero sarebbe pronto a dimettersi; ma naturalmente nega tutto. E replica che prima dello scontro sull’abbattimento del jet russo al confine turco-siriano «le dichiarazioni di Putin su di me sono sempre state sul mio coraggio e la mia audacia. Aveva anche usato molte parole sulla mia onestà nel governare. Quando ha incontrato Berlusconi e (l’ex cancelliere tedesco, ndr) Schröder, le sue parole sono sempre state in quella direzione».
Di traffici illegiti aveva parlato, documentandoli con le immagini, il giornale di opposizione Cumhuriyet e nei giorni scorsi la magistratura turca ha punito con il carcere lo scoop.
Rivelazioni scottanti che hanno fatto luce sull’interesse di Ankara ad armare una minoranza turcomanna, potenziale testa di ponte nel possibile «grande gioco» di una spartizione del territorio siriano.
Gli arresti in attesa di giudizio, che hanno confermato il pugno di ferro usato contro i mass media nella della Turchia guidata dall’islamico Recep Tayyip Erdogan, sono stati ordinati da un tribunale di Istanbul nei confronti di Can Dundar, direttore del quotidiano Cumhuriyet, e di Erdem Gul, capo della redazione di Ankara del giornale.
I due giornalisti sono stati individuati come responsabili dell’inchiesta in cui fu rivelato un presunto passaggio di camion carichi di armi dalla Turchia alla Siria.
L’inchiesta fu pubblicata da Cumhuriyet alla vigilia delle elezioni turche del 7 giugno scorso.
Dundar e Gul sono accusati di «spionaggio politico e militare» e «rivelazione di informazioni riservate» oltre che di «aver fornito informazioni sulla sicurezza dello Stato» e di «fare propaganda per un’organizzazione terroristica».
In maniera profetica - interpretabile però come una pressione sulla magistratura - Erdogan avvertì Dundar che avrebbe pagato «un caro prezzo».
Appena mercoledì il presidente turco aveva definito ancora una volta l’inchiesta come un atto di «tradimento», sostenendo che i tir trasportavano solo innocui aiuti per la minoranza turcomanna nel nord della Siria, legata ad Ankara. «Che differenza avrebbe fatto se i camion avessero contenuto armi oppure no?», aveva però aggiunto Erdogan.
La vicenda in giugno ebbe una grossa eco internazionale, anche perchè Cumhuriyet è un giornale-bandiera del laicismo kemalista nella Turchia che Erdogan sta riportando alle sue radici islamiche.
«Siamo accusati di spionaggio. Il presidente l’ha definito tradimento. Noi non siamo traditori, spie o eroi: siamo giornalisti», ha dichiarato poco prima dell’arresto il direttore, dicendosi convinto che «questo procedimento contribuirà a fare luce su come questi episodi» del trasporto di armi in Siria «siano avvenuti, piuttosto che su come noi li abbiamo raccontati».
Comunque, «non preoccupatevi. Questa per noi è una medaglia d’onore. La nostra lotta continuerà dentro e fuori», ha dichiarato Dundar, rivolgendosi idealmente a quanti si oppongono alla repressione dei media in Turchia.
Repressione concretizzatasi da anni con ostacoli ai social network e soprattutto con l’arresto di numerosi giornalisti: un fatto stigmatizzato da organizzazioni internazionali, tra cui il Parlamento europeo che in gennaio ha emesso una risoluzione.
Due giorni fa due generali e un colonnello in pensione sono stati arrestati in Turchia con accuse di spionaggio e terrorismo per il loro ruolo nell’operazione che nel gennaio 2014 aveva portato alla perquisizione di alcuni camion dei servizi segreti di Ankara diretti in Siria, su cui sarebbero state trovate armi, come poi riferito dal quotidiano Cumhuriyet.
E anche l’elenco dei casi di presunti insulti al presidente turco Recep Tayyip Erdogan finiti in tribunale si arricchisce di un nuovo capitolo.
A essere processato stavolta è il medico turco Bilgin Ciftci, accusato di aver offeso Erdogan pubblicando su internet immagini che ne paragonavano le espressioni facciali a quelle di Gollum, personaggio della saga del «Signore degli anelli».
Un tribunale di Aydin, nella Turchia occidentale, ha però chiesto una perizia per stabilire se l’accostamento debba essere considerato offensivo, nominando un’èquipe di esperti tra cui due professori universitari, due psicologi e uno studioso di cinema. Il processo è stato quindi aggiornato a febbraio. Ciftci si era difeso sostenendo che non si trattava di un insulto. Se giudicato colpevole, il medico rischia una condanna fino a due anni.