I comandanti dell'Isis si rifugiano in Libia
L’Isis rafforza la sua presenza in Libia. L’avvertimento arriva dall’intelligence di Misurata, secondo cui diversi comandanti di alto livello dello Stato Islamico hanno abbandonato l’Iraq e la Siria per sfuggire ai raid, trovando un «rifugio sicuro» nelle zone controllate dai loro affiliati, nella zona di Sirte.
La crisi libica allarma sempre di più gli Stati Uniti, tanto che il presidente Barack Obama non ha escluso «azioni multilaterali» se sarà necessario.
La guerra al Califfato sarà lunga, aveva avvertito ieri il segretario di Stato americano John Kerry durante la riunione della Coalizione a Roma. Perché la minaccia jihadista si è estesa da tempo anche alla Libia. In particolare a Sirte, quartier generale dell’Isis nell’est del Paese, c’è stato un massiccio afflusso di foreign fighters negli ultimi mesi, ha reso noto oggi alla Bbc il capo dell’intelligence di Misurata Ismail Shukri. Non solo ‘soldati semplicì, ma anche diversi alti comandanti «che rivestono una grande importanza», ha precisato, sono fuggiti da Iraq e Siria «perchè vedono la Libia come un rifugio sicuro».
La maggior parte dei combattenti dell’Isis in Libia sono stranieri, soprattutto tunisini, egiziani, sudanesi, ma anche siriani e iracheni, provenienti per la maggior parte dal dissolto esercito di Saddam Hussein, ha aggiunto lo 007 di Misurata, città fedele al governo islamista di Tripoli che combatte contro l’espansione dell’Isis ad ovest.
Per sconfiggere lo Stato islamico, gli Stati Uniti hanno chiesto ai propri partner della Coalizione di fornire nuovi contributi, in base a ciò che ogni paese può fare, dai raid alla logistica all’intelligence. E oggi da Washington è stata evocata ancora una volta l’apertura del fronte libico, dopo quello siriano e iracheno.
«Se ci sarà necessità per gli Usa di intraprendere azioni unilaterali per proteggere il popolo americano, il presidente non esiterà a farlo», ha detto il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest. Finora gli americani hanno escluso qualsiasi operazione di terra su larga scala in Libia, così come in Siria e in Iraq, ma Obama ha promesso nei giorni scorsi che gli Stati Uniti combatteranno «i cospiratori terroristi dell’Isis in ogni Paese dove sia necessario».
La priorità della comunità internazionale in Libia, al momento, è la nascita del governo di unità nazionale, per colmare il vuoto che ha favorito l’espansione dell’Isis. Lunedì il parlamento si riunirà a Tobruk per esaminare la lista del nuovo esecutivo proposta dal premier designato Fayez al-Sarraj.
Se finalmente la situazione dovesse sbloccarsi, dopo mesi di paralisi, ci sarà un’autorità politica definita che potrà coordinare un intervento militare contro lo Stato islamico. E chiedere il sostegno straniero, a partire dall’Italia, a cui in principali alleati - come Usa e Francia - hanno riconosciuto un ruolo di «leadership» su questo scacchiere.