Spagna, il socialista Sanchez tenta di formare il governo
È una missione quasi impossibile, la ricerca della quadratura del cerchio, quella affidata martedì sera da re Felipe di Spagna al leader socialista Pedro Sanchez: tentare di formare il nuovo governo e ottenere la fiducia di un parlamento uscito ingestibile dalle politiche del 20 dicembre.
«Sanchez si lancia nel vuoto» avverte oggi Abc e El Mundo parla di una trattativa «alla disperata» del segretario Psoe, «alla ricerca dell’impossibile». Sanchez ora ha un mese per inventare la formula magica che gli consenta di ottenere la fiducia del parlamento e diventare premier, evitando cosi anche una probabile defenestrazione da parte dei «baroni» socialisti, dopo il peggiore risultato storico del Psoe alle politiche di dicembre. Nel Congresso i deputati socialisti sono 90 su 350 contro 123 al Pp, 69 a Podemos e ai suoi alleati catalani, galiziani e valenciani, 40 a Ciudadanos, 2 a Izquierda Unida (Iu). Gli altri seggi vanno a indipendentisti catalani (19) e nazionalisti baschi (Pnv, 6) e delle Canarie (Cc, 1).
Re Felipe ha incaricato Sanchez di tentare di formare il governo dopo il passo indietro tattico del premier uscente Mariano Rajoy, primo arrivato, ma al momento senza alleati. Il leader del Pp, che propone una Gran Coalicion con Psoe e Ciudadanos, spera in un fallimento del tentativo di Sanchez per riproporsi come candidato premier.
Il leader socialista punta su un governo del cambiamento, con Podemos e con Ciudadanos, ma i loro leader Pablo Iglesias e Albert Rivera hanno escluso di andare al potere insieme, dichiarandosi «incompatibili».
Il Pp di Rajoy a sua volta ha escluso di astenersi per consentire l’investitura di un governo di minoranza di Sanchez.
I «baroni» del Psoe, reticenti a un patto con Iglesias, che chiede fra l’altro un referendum sulla autodeterminazione della Catalogna e una Spagna federale, hanno vietato al segretario di trattare con gli indipendentisti, senza la cui astensione Sanchez non può arrivare al governo.
Il segretario Psoe - che oggi ha avviato i contatti con i leader degli altri partiti - preferirebbe una formula alla portoghese, cioè un governo socialista di minoranza appoggiato dall’esterno da Podemos, Iu e Pnv. Oppure una coalizione riformista moderata con Ciudadanos e l’appoggio esterno di Podemos. Il partito post-indignado, che vuole andare al potere e chiede sei ministri e la carica di vicepremier per Iglesias, lo esclude categoricamente.
Puntando piuttosto su un ritorno alle urne in maggio-giugno. Iglesias ha alzato la voce con Sanchez, accusandolo di «ipocrisia» per «avere cercato di vendere un impossibile accordo di governo con Podemos e Ciudadanos».
La sola formula al momento forse percorribile ma fragile sarebbe una coalizione di minoranza fra Psoe, Podemos, Iu e i baschi del Pnv (167 seggi) che otterrebbe l’investitura con l’astensione degli indipendentisti - che vedono Rajoy come il fumo negli occhi - e il voto contrario di Pp e Ciudadanos (163).
Se Sanchez non ce la farà per i primi di marzo la parola tornerà a Felipe VI, e forse a Rajoy. Ma molto più probabilmente la Spagna, sempre senza governo, tornerà alle urne.