Profughi, frontiere chiuse. Msf: nella Ue vince il cinismo

Situazione sempre più drammatica per i profughi accampati al confine tra Grecia e Macedonia, costretti nella pioggia e nel freddo mentre le decisioni a catena di una serie di Paesi di sigillare le frontiere rendono sostanzialmente impraticabile questa rotta lungo i Balcani.

Sullo sfondo c'è l'accordo, contestato da varie parti politiche, dell'Unione europea che intende pagare il controverso regime turco affinché si occupi dei fuggitivi dalle guerre e degli altri migranti: il suggello potrebbe arrivare nel vertice dei leader del 17 e 18 marzo.

Il 15 marzo della questione si parlerà in un'assemblea pubblica a Trento, promossa dal centro sociale Bruno.

Con la chiusura della porta dei Balcani occidentali al flusso dei migranti, si accentuano anche i timori tra i Paesi europei per l'attivazione di nuove rotte, compresa quella via mare verso le coste italiane.

Anche sulla scia delle iniziative diplomatiche austriache, dopo Slovenia e Serbia, anche Macedonia e Croazia hanno varato un nuovo giro di vite ai propri confini, in una reazione a catena, di fronte alla quale l'Ungheria ha dichiarato lo «stato d'emergenza» per il pericolo di «migrazioni di massa» e deciso il rafforzamento delle frontiere con l'invio di 1.500 militari.

Nei Paesi balcanici ci sono almeno 10.000 migranti, entrati illegalmente avverte il ministro dell'Interno magiaro Sandor Pinter. «Non sappiamo che tipo di reazione potranno avere. Non sappiamo in quale direzione inizieranno a muoversi. Per questo, se necessario, dobbiamo essere pronti a difendere le nostre frontiere in modo efficace», avverte.

Un aereo di Frontex monitora il tratto di mare tra Albania e Italia, spiegano fonti Ue. Ma anche se la vigilanza è alta, per il momento non si osservano movimenti particolari sulla rotta adriatica. I trafficanti di esseri umani però si stanno organizzando, e già offrono viaggi attraverso Bulgaria e Romania. Budapest è pronta a costruire un «muro» di filo spinato anche lungo il confine romeno, se necessario.
Persino Estonia, Lettonia e Lituania stanno pensando di blindare i confini con una barriera, nella preoccupazione che numeri consistenti possano muoversi sulla cosiddetta rotta artica, attraverso la Russia. Renatas Pozela, comandante delle guardie di frontiera lituane spiega: «Fino allo scorso anno, né la Norvegia, né la Finlandia hanno mai avuto problemi di immigrazione sulla frontiera russa, poi i flussi su quel confine sono saliti in una sola settimana, come per magia».

In Grecia continua invece l'emergenza: sono 40mila i migranti nella penisola ellenica. La situazione è particolarmente grave nel nord del Paese, con circa 20mila persone, per lo più famiglie, in attesa vicino al confine macedone, dove le condizioni sono insostenibili.

Centinaia di profughi del centro di Idomeni hanno messo in atto una protesta contro la decisione di chiudere la rotta dei Balcani, che il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk ha sottolineato «è stata presa a 28».

Secondo fonti Ue queste persone dovranno essere suddivise. Chi ha diritto alla protezione internazionale potrà chiedere l'asilo per restare in Grecia o essere ricollocato, gli altri saranno rinviati nel Paese di provenienza (la Grecia si è accordata con la Turchia per poterlo fare) o in quello di origine.

In tutto questo il ministro dell'interno croato Vlaho Orepic ha annunciato che sono già iniziate le procedure per rinviare in Grecia i 408 migranti che si trovano nel centro di accoglienza di Slavonski Brod.

“I leader europei hanno completamente perso il senso della realtà e l’accordo che Ue e Turchia stanno negoziando è uno degli esempi più chiari del loro cinismo. Per ogni rifugiato che rischierà la vita in mare e verrà sommariamente rimandato in Turchia, un altro potrebbe avere l’opportunità di raggiungere l’Europa dalla Turchia secondo un programma definito di reinsediamento. Questo calcolo sterile riduce le persone a meri numeri, negando loro un trattamento umano e compromettendo il loro diritto di cercare protezione”, commenta Loris De Filippi, presidente di Medici senza frontiere (Msf).
 
“A Idomeni, dove da almeno un anno le nostre équipe si fanno carico delle responsabilità dell’Europa, vediamo le conseguenze di questi calcoli irrealistici e inumani sulle vite e la salute delle persone. Queste persone non sono numeri ma donne, bambini, famiglie, per l’88% in fuga da paesi in guerra e contesti di crisi e pericolo. Dovrebbero essere trattati in modo umano, nel pieno rispetto dei loro diritti e della loro dignità
 
È chiaro che l’Europa è disposta a fare qualunque cosa, anche compromettere i diritti umani fondamentali e i principi del diritto dei rifugiati, per interrompere il flusso di persone verso l’Europa. È tempo che i leader europei smettano di alimentare questa crisi migratoria creata dalle stesse politiche europee e forniscano l’unica risposta realistica e umana possibile: un passaggio legale e sicuro insieme a protezione e assistenza umanitaria alle persone che ne hanno bisogno”, conclude De Filippi.

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