Licenziato da Auchan per un furto da tre euro, la Cassazione: «Reintegratelo»
È eccessivo punire con il licenziamento il dipendente che, non si sa nemmeno bene se per il riflesso condizionato di mettere a posto gli scaffali o per sue necessità personali, si mette in tasca alcune rondelline metalliche, di quelle per fissare le viti, del valore complessivo di 2 euro e novanta centesimi.
Lo sottolinea la Cassazione respingendo il ricorso della catena di supermercati Auchan che voleva licenziare il capo reparto di una sua filiale milanese, Vito M., colpevole di non aver pagato in cassa alcune vitarelle tonde il cui valore non ammontava nemmeno a tre euro. La Suprema Corte ha infatti respinto - con la sentenza 6764 - il ricorso con il quale Auchan insisteva, nonostante i giudici di primo e secondo grado le avessero già dato torto, nel chiedere il licenziamento del dipendente "reo" di essersi impossessato di qualche pezzetto di vile metallo di scarso valore, magari con un gesto automatico compiuto senza "dolo" dal momento che la prova dell'intenzionalità del suo comportamento "non era emersa" durante il processo.
Nel dichiarare "inammissibile" il reclamo della catena francese della grande distribuzione, la Cassazione ha inoltre condannato Auchan a pagare più di 3.600 euro di spese di giustizia. Ad avviso dei supremi giudici merita conferma il verdetto con il quale la Corte di Appello di Milano nel 2012 aveva dichiarato il licenziamento di Vito M. sproporzionato rispetto alle accuse.
Anche il Tribunale era stato dello stesso parere.