Arcigay: Rossi non tradisca sulla legge contro l'omofobia
La legge provinciale contro l’omofobia resta nelle sabbie mobili, non solo per l’opposizione della minoranza di centrodestra, ma anche perché non piace, malgrado tutte le limature del testo, nemmeno a una parte della maggioranza.
Dura la reazione di Arcigay Trento, che ha diffuso questa nota: «Leggendo i giornali di oggi sembra che la legge contro l’omofobia sarà sacrificata per non mettere in pericolo il nuovo corso della maggionanza guidata da Ugo Rossi.
Ma se questo nuovo corso si fonda sul tradimento dei patti, si parte proprio male. Il testo del ddl contro l’omofobia - lo ricordiamo per l’ennesima volta - è l’insieme di quello di iniziativa popolare e di quello sottoscritto da tutti (tutti) i capigruppo del centro-sinistra-autonomista. Un testo che ha ricevuto il parere favorevole di tutte le componenti della compagine di governo, limato e smussato in quelle parti che potevano essere fraintese, esplicitato per quelli che leggevano tra le righe chissà quali aberrazioni.
Un testo su cui è stato preso un impegno che vorremmo fosse onorato.
Se una maggioranza si vuole caratterizzare politicamente, differenziandosi dall’opposizione, crediamo lo debba fare anche, e soprattutto, sul tema dei diritti. Altrimenti diciamolo pure che non c’è differenza tra destra e sinistra, che l’importante è arrivare al 2018 senza tanti problemi, anzi evitandoli e schivandoli senza il coraggio di affrontarli.
Ragioni politiche per affossare questa legge non ce ne sono: si tratta di un testo di principio, che enuncia la non discriminazione come buona prassi. Coloro che nella maggioranza hanno una cultura cattolica non si nascondano dietro la tonaca di nessuno. Non ci sono santi: anche il Papa ha espressamente affermato la non discriminazione per i gay, e la stessa curia trentina afferma che nel testo in discussione non vi è nulla di blasfemo.
E nemmeno le ragioni di praticabilità reggono più: l’ostruzionismo della destra è stato sconfitto e con qualche giornata di lavoro in Aula il testo può essere licenziato.
Magari ci sarà da stare seduti in consiglio anche il venerdì e il sabato, ma in tutto saranno comunque meno ore di una normale settimana lavorativa canonica che di ore ne conta 40.
Tutti sappiano però che se questa legge verrà affossata non sarà per colpa della minoranza, che ha messo in atto un legittimo ostruzionismo, ma per colpa di una maggioranza che sul tema dei diritti civili avrà dimostrato tutti i suoi limiti, compreso quello culturale».