Impossibile formare il governo Spagna alle urne il 26 giugno
La Spagna torna al voto per la seconda volta in sei mesi, per tentare di uscire dalla paralisi politica.
Re Felipe ha firmato il decreto per lo scioglimento del Parlamento, fissando le nuove elezioni il prossimo 26 giugno.
L’Ue guarda a questa situazione con allarme, dopo le nuove stime sul deficit spagnolo, al 3,9% del pil, che gettano un’ombra sulle capacità di ripresa dell’economia.
Ieri a mezzanotte, è scaduto il termine per formare un nuovo governo, dopo l’ennesimo fallimento delle consultazioni tra i partiti, la scorsa settimana. Così il giovane monarca ha deciso di dare una scossa, sciogliendo le Camere: una circostanza mai accaduta prima dalla fine della dittatura franchista, nel 1978.
Per la Spagna si tratta di un nuovo passaggio traumatico. Le elezioni del 20 dicembre scorso avevano già sancito la fine di decenni di bipartitismo popolari-socialisti, con l’ascesa della sinistra anti-austerità di Podemos e del centrodestra di Ciudadanos, che hanno complicato la ricerca di una maggioranza di governo. Da quel momento in poi è stato il caos.
A gennaio il premier uscente, il popolare Mariano Rajoy, ha rinunciato al tentativo di formare un governo perché non è riuscito a trovare il necessario sostegno parlamentare. In seguito, sono andati a vuoto anche i tentativi del leader socialista Pedro Sanchez di dare vita ad un esecutivo di coalizione.
«Non siamo riusciti ad adempiere al mandato dei cittadini», ha ammesso il presidente della Camera Bassa Patxi Lopez, dopo l’incontro di stamane con il re, auspicando che i partiti «in questi quattro mesi abbiano capito alcune cose». All’orizzonte, tuttavia, restano le nubi. Secondo gli ultimi sondaggi, il Pp sarà ancora il primo partito, ma con numeri non sufficienti per tornare a governare.
La paralisi politica in Spagna preoccupa non poco l’Ue, soprattutto per le precarie condizioni economiche del Paese.
Bruxelles - ha riferito il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici - stima che il deficit spagnolo del 2016 toccherà il 3,9% del Pil, ben nove punti oltre la soglia per la procedura d’infrazione, ed il 3,1% nel 2017. Molto peggio rispetto al 3,6% quest’anno ed il 2,9 l’anno prossimo stimati dal governo di Madrid pochi giorni fa, in un quadro economico segnato anche da una disoccupazione al 21%, di nuovo in crescita.
Pesano anche le pulsioni separatiste della Catalogna, che rischiano di indebolire il progetto europeo. Il voto spagnolo arriverà tre giorni dopo il referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Ue, e c’è chi scommette che i risultati di Londra possano influire sul fragile equilibrio politico a Madrid.
In uno dei più recenti sondaggi, diffuso questa settimana da Nc Report, i popolari sono dati al 30% (alle elezioni di dicembre erano al 28,7%); Podemos e alleati stabili al 24,5%; i socialisti in calo dal 22 al 20.7%; Ciudadanos al 15% (era al 13,9%). Uno scenario che tradotto in termini di seggi non modificherebbe gran che l’attualo equilibrio che ha genberato lo stallo. Ma da qui al voto molte cose potrebbero cambiare.