Rapporto Save the Children: meno libri e musei per i bambini che vivono al Sud
I bambini e i ragazzi che vivono in Sicilia e in Campania godono del poco invidiabile primato di essere i più «poveri» dal punto di vista educativo. Hanno, cioè, meno opportunità educative e formative che possano consentire loro di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire capacità, talenti e aspirazioni. Poco meglio stanno i loro coetanei calabresi e pugliesi. All'altro capo della classifica, Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia sono le regioni che offrono maggiori possibilità ai minori.
Questo il ritratto in chiaroscuro di un'Italia lontana dagli obiettivi europei, in cui le opportunità per bambini e adolescenti sono esigue sia a scuola che fuori, che emerge dal rapporto di Save the Children «Liberare i bambini dalla povertà educativa: a che punto siamo?» e dal relativo indice di povertà educativa regionale (Ipe), presentato oggi a Roma in occasione del rilancio della Campagna Illuminiamo il Futuro.
A livello nazionale, il rapporto sottolinea la scarsa offerta di servizi all'infanzia (13%), la gravissima assenza del tempo pieno (non c'è nel 68% nelle primarie e nell'80% delle secondarie di primo grado) e l'insufficiente offerta di mense scolastiche (52% degli alunni). Il 59% degli studenti frequenta scuole dotate di infrastrutture insufficienti a garantire l'approfondimento. Ne risentono per primi i risultati ottenuti dai ragazzi: quasi il 20% dei quindicenni non raggiunge la soglia minima di competenze in lettura e il 25% in matematica, con un tasso di dispersione scolastica al 15%, lontano dal 10% fissato dall'Ue per il 2020.
L'analisi conferma la stretta correlazione tra povertà materiale e povertà educativa: è proprio nelle regioni con la maggiore povertà educativa che si registrano i tassi di povertà più elevati d'Italia. In Italia sono 1.045.000 i bambini che vivono in povertà assoluta e si concentrano in particolare in Calabria (quasi 1 su 4) o Sicilia (poco meno di 1 su 5). Sono invece poco meno di due milioni quelli che vivono in povertà relativa (19%), ma è ancora il Sud a vivere la situazione peggiore, con più di un terzo dei minori in questa condizione.
Dal rapporto emerge, inoltre, una connessione molto forte tra povertà educativa e i cosiddetti Neet, ovvero quei ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non frequentano percorsi di istruzione e formazione. Come in un circolo vizioso, infatti, i bambini e gli adolescenti che nascono in zone dove maggiore è l'incidenza della povertà economica e che offrono poche opportunità di apprendimento a scuola e sul territorio, una volta diventati giovani adulti rischiano di essere esclusi, perpetuando questa condizione per le generazioni successive.
I dati regionali che emergono dall'Ipe raccontano un'Italia estremamente frammentata. Se in Italia solo il 13% dei bambini tra gli 0 e i 2 anni riesce ad andare al nido, i divari regionali possono diventare baratri: sono infatti 25 punti percentuali a dividere l'Emilia Romagna (la regione del Nord con la più alta presa in carico di bambini 0-2 anni, il 27%) dalla Calabria (2%). Per il tempo pieno, le differenze tra regione e regione sono fortissime: maglia nera alla Calabria, con il 78% delle classi primarie che non fanno orario pieno, ma la sorpresa arriva dalla Basilicata, la regione con il maggior numero di scuole a offrire questa opportunità; per le secondarie di primo grado, la maglia nera va al Molise (il 99% delle classi non ce l'ha), seguita dall'Emilia-Romagna (94%).
Infine, le attività extrascolastiche: teatro, concerti, musei, monumenti, attività sportiva, libri, Internet. Ben il 64% dei minori nell'ultimo anno non ha svolto quattro tra le sette attività sopra elencate, il 17% ne ha svolta soltanto una, l'11% nessuna. Il 48% dei minori tra 6 e 17 anni non ha letto neanche un libro se non quelli scolastici, il 69% non ha visitato un sito archeologico e il 55% un museo, il 46% non ha svolto alcuna attività sportiva. Se nel Sud e nelle Isole la privazione culturale e ricreativa è più marcata, arrivando all'84% della Campania, nelle regioni del Nord riguarda comunque circa la metà dei minori considerati.