Pistorius cammina in aula senza protesi
Lo sguardo basso, il passo malfermo e oscillante, come se fosse sui trampoli, poi l'appoggio con la mano per non perdere l'equilibrio: Oscar Pistorius ieri ha camminato per qualche passo sui moncherini, davanti a tutti, nell'aula del tribunale di Pretoria, dove si stanno ascoltando vari testi per decidere a giorni, forse già venerdì, la sua pena per il verdetto d'appello di "omicidio volontario". L'atleta, sui richiesta del suo avvocato difensore, Barry Roux, ha così voluto mostrare alle parti cosa significhi lo svantaggio fisico e psicologico di vivere senza i piedi, seppure si sia in grado di correre alle Olimpiadi e di vincere medaglie paralimpiche con indosso le protesi in metallo. Una dimostrazione - così l'ha posta la difesa - per sconfiggere i "nemici", cioè i pregiudizi che l'opinione pubblica si è formata attorno alla figura e al comportamento di Pistorius.
Si trattava cioè di mostrare in quali condizioni di svantaggio Blade Runner si trovasse quando, in base alla tesi della difesa, fu svegliato di soprassalto nel cuore della notte credendo che nel bagno di casa sua vi fosse un intruso invece della sua fidanzata Reeva Steenkamp, che fino a quel momento aveva dormito con lui. Quell'uomo barcollante e malfermo, ha detto l'avvocato Roux mentre Pistorius faceva la sua dimostrazione, "non è l'uomo forte e ambizioso" che ha fatto la storia alle Olimpiadi a Londra sei mesi prima della tragica notte di san Valentino del 2013, in cui uccise Reeva sparandole quattro colpi di pistola attraverso la porta chiusa del bagno, senza avere né il tempo né la lucidità per agire in modo razionale.
"Non è l'uomo vincitore di medaglie d'oro che va giudicato" e non bisogna immaginarlo quella notte mentre corre verso il bagno con una medaglia d'oro al collo". Invece, "è un uomo di 1 metro e 85 in equilibrio su dei moncherini alle 3 di notte al buio che va giudicato", ha concluso l'avvocato Roux. Pistorius, il cui verdetto di primo grado per omicidio colposo è stato cancellato e aggravato in appello in omicidio volontario, rischia 15 anni di carcere. E deve nuotare anche contro la corrente dei sentimenti prevalenti nell'opinione pubblica, divenuti ancora più ostili dopo la commovente testimonianza in aula, ieri, del padre di Reeva, Barry Steenkamp.