Brexit, è braccio di ferro sui tempi dell'addio alla Ue
Nessuna esitazione, rispettare la volontà popolare e niente giochi sotterranei. È il messaggio per Londra dal presidente della commissione Ue Juncker.
E mentre l’Europarlamento chiede di far presto nella revoca della Gran Bretagna dalla Ue, il presidente del Consiglio europeo Tusk chiede pazienza e spiega che sta al governo britannico avviare la procedura di uscita.
Renzi, così come Hollande, spinge per voltare pagina rapidamente e aprire una stagione di investimenti, il premier britannico Cameron rilancia: «Lasciamo la Ue ma non le voltiamo le spalle. Siamo partner, amici, alleati, vogliamo il rapporto più stretto possibil».
La Germania, con la cancelliera Merkel, intende invece dare più tempo a Londra.
Il nodo principale riguarda l’attivazione dell’articolo 50 sull’uscita di un Paese dall’Unione: sarà Cameron a compiere suo malgrado questo storico passo indietro o il premier responsabile di questa sciagura europea lascerà l’incombenza al suo successore?
In Gran Bretagna, peraltro, è forte la mobilitazione dei pro Eu, sconfitti al referendum ma decisi a dare battaglia per ottenere un nuovo passaggio elettorale, magari se e quando il Parlamento voterà definitivamente sulle carte che sanciranno formalmente l'uscita dall'Unione europea.
Un capitolo a parte è la Scozia, decisa a restare nella Ue, al costo di lasciare la Gran Bretagna: l'indipendentismo, sconfitto nel refereundum di due anni fa, oggi viaggia secondo i sondaggi oltre il 60%, cifre di poco inferiori all'elevata percentuale di votanti che giovedì scorso si sono opposti all'abbandono dell'Unione europea, in controtendenza con la media del Regno Unito.
Situazione in qualche misura analoga in Irlanda del Nord, con lo spettro del ritorno di un confine verso la Repubblica di Irlanda.
Contro la risoluzione del Parlamento europeo hanno votato varie componenti, sia della destra nazionalista sia della sinistra europea, ma pure i rappresentanti del movimento Cinque stelle.
Fra le motivazioni di chi ha votato contro, sia l’antieuropeismo della destra sia le critiche da sinistra alla mancanza nel documento di indicazioni su un salto di qualità nelle politiche della Ue.
«Io non sono né stanco né malato come dicono i media tedeschi» e «combatterò fino al mio ultimo respiro per un’Europa unita e migliore», ha detto oggi Juncker, nel suo accorato e combattivo intervento davanti alla plenaria straordinaria del Parlamento europeo sulla Brexit, ha chiesto al governo britannico di non tergiversare e ha risposto così alle voci di possibili dimissioni per motivi di salute.
E a quelli che invece gli hanno chiesto un passo indietro per motivi politici, ha lanciato un messaggio altrettanto chiaro. «La Commissione continuerà sulla sua strada», ha assicurato. E se da una parte ha riconosciuto che bisogna cambiare l’Europa, ha sottolineato che «nessuno dice come» e puntualizzato che «bisogna cambiare tutto, ma non l’essenziale».
Il messaggio più forte è stato verso il governo di Londra perché «rispetti la volontà del popolo britannico, senza nascondersi dietro giochi a porte chiuse» e non si faccia illusioni: «Dobbiamo costruire un nuovo rapporto con la Gran Bretagna, ma siamo noi a dettare l’agenda, non chi vuole uscire».
Rivelando che da Londra ci sono stati tentativi di contatti per «negoziati segreti a porte chiuse» con i dirigenti della commissione, ha scandito «no notifications, no negotiations» («nessuna notifica, nessun negoziato») ed ha annunciato di aver «dato un ordine presidenziale, da mufti, per vietare ai miei direttori generali ogni contatto» con rappresentanti del governo britannico.
Unica concessione sui tempi, per Cameron o chi gli succederà: «Non chiediamo che decida domani mattina» perché «capiamo che il sistema politico britannico ha certi tempi».
In questi giorni è circolata anche l’indiscrezione circa negoziati segreti fra la Germania e la Gran Bretagna già prima del referendum: accordi per assic urare reciprocamente un contraccolpo morbido in caso di vittoria dei sì.
Voci che hanno arroventato il clima diplomatico in queste ore.
«C’è la possibilità che il populismo cresca in Italia, in Danimarca e altrove in Europa. È il momento di una forte risposta e reazione, focalizzata sui valori dell’Ue. Se parleremo di Europa sociale, di lavoro, di valori, e non solo di finanza e di mercato unico, l’Europa tornerà ad essere la nostra casa ed i populismi saranno sconfitti», ha detto oggi il premier Matteo Renzi ai microfoni della Cnn.
«Penso che questo sia un momento di grandi cambiamenti. Le differenze non sono quelle tradizionali tra destra e sinistra, ma tra la paura ed il coraggio, tra un mondo basato sui muri e uno basato sull’apertura, sulla piazza, sul dialogo. Il mio Paese è grande perchè crede nel futuro basato sulla piazza e non sul muro», ha aggiunto Renzi.