Tamberi, addio a Rio Azzurri, Giochi monchi
«Svegliatemi da questo incubo... Ridatemi il mio sogno, vi prego! Tutti questi anni solo per quella gara, tutti questi sacrifici solo per quel giorno...vorrei dirlo, vorrei urlarlo che tornerò più forte di prima, ma ora davvero riesco solo a piangere! Addio Rio, Addio
mia Rio».
Nell’era dei social, Gianmarco Tamberi affida alla rete le lacrime che, letteralmente, ha versato dopo aver avuto la certezza di non poter partecipare all’Olimpiade di Rio.
L’infortunio riportato ieri a Montecarlo, quando dopo aver vinto la gara dell’alto ha tentato di scavalcare la misura di 2.41, è grave, come purtroppo si era capito fin dal primo momento. Così un destino crudele continua ad accanirsi sull’atletica italiana, che dopo Alex Schwazer, fermato dalla poco chiara vicenda della positività per steroidi, perde un altro uomo da medaglia molto probabile.
Per Tamberi il 2016 era stato finora un anno d’oro, con le vittorie ai Mondiali indoor di Portland e agli Europei di Amsterdam, ora invece è diventato un incubo dentro al quale svanisce un sogno cullato per un quadriennio.
La facilità con cui ieri «Gimbo» ha battuto gli avversari che anche in prospettiva Rio sono i più pericolosi, come il rappresentante del Qatar Barshim, l’ucraino Bondarenko e il britannico Grabarz, aveva fatto intravedere orizzonti dorati al saltatore marchigiano, invece tutto è sfumato in quel secondo tentativo sulla misura che avrebbe ulteriormente migliorato il primato italiano.
Gli accertamenti diagnostici di oggi a Pavia, svolti dal professor Francesco Benazzo, assieme ai medici dello staff Fidal, hanno evidenziato per Tamberi una lesione al legamento deltoideo della caviglia sinistra. Finisce quindi il sogno olimpico dell’iridato con la barba fatta a metà, perchè si tratta di un infortunio che cancella ogni ipotesi di partecipazione all’Olimpiade carioca (il 14 agosto è il giorno delle qualificazioni).
Ora per Tamberi c’è l’ipotesi dell’intervento chirurgico, o quella di un recupero non traumatico senza operazione. In ognuno dei due casi sono previste due settimane di immobilizzazione dell’arto, due di mobilizzazione parziale e tre mesi di riabilitazione. La prognosi è quindi di 4 mesi prima di tornare in gara.
«Più che arrabbiato sono dispiaciuto. Cosa dovevo fare? Non avrei potuto fare qualcosa di diverso - ha commentato l’azzurro -. Dire che non avrei dovuto provare i 2.41 è da stupidi, non ha senso. Chi fa questo sport sa come funziona».