Caso Regeni, nuove ipotesi sul sindacato ambulanti

Mohamed Abdallah, il capo di quel sindacato ambulanti al centro della ricerca di Giulio Regeni al Cairo, «ha visitato di frequente uno dei quartier generali della sicurezza egiziana e sei mesi prima della morte dell’italiano ha anche incontrato un ufficiale».

Lo dicono due fonti della sicurezza egiziana, coperte da anonimato, come riporta la Reuters sul suo sito.

«Non so se fosse proprio un collaboratore, ma era monitorato. Uno del genere ha un mutuo beneficio ad avere un rapporto con la sicurezza», dice una delle fonti.

E dul caso Regeni, il governo britannico fa sapere che «sostiene la posizione italiana e incoraggia sia l’Egitto che l’università di Cambridge a collaborare».

Lo afferma al Corriere della sera, la neoambasciatrice britannica a Roma, Jill Morris.

Sul fatto che l’atteggiamento reticente di Cambridge abbia lasciato insoddisfatta la magistratura italiana, l’ambasciatrice rassicura: «Posso dire che questa settimana il viceministro degli Esteri competente in materia parlerà alle autorità universitarie di Cambridge per chiarire la nostra posizione».

Quanto agli effetti della Brexit, Morris afferma: «La nostra intenzione è proteggere i diritti dei cittadini italiani che vivono nel Regno Unito. Allo stesso tempo ci aspettiamo reciprocità, ossia che i diritti dei cittadini britannici nell’ Unione europea vengano rispettati. Il nostro governo vorrebbe portare a conclusione questo punto fin dall’inizio dei negoziati: è importante mandare un messaggio di rassicurazione».


 

Il cuore degli egiziani è con la madre ed il padre di Giulio Regeni, e le relazioni storiche tra Italia e Egitto non possono non portare ad una cooperazione per trovare la verità sulla sua morte e portare davanti alla giustizia i responsabili, chiunque essi siano.

Lo dice il candidato ufficiale dell’Egitto, appena designato, per la carica di direttore generale dell’Unesco, l’ex ministro della famiglia Moushira Khattab, che la lunga carriera diplomatica ha portato a lavorare prima come ambasciatrice in numerose capitali e poi a ricoprire varie cariche all’Onu. È la prima donna designata per quella carica.

«La morte di Regeni, che ci ha colpito tutti - dice Khattab - non può mettere in crisi i rapporti secolari esistenti tra i nostri due popoli ed i loro diritti a continuare scambi culturali, commerciali e di conoscenza». Per questo l’ex ministra egiziana è sicura che «si arriverà a conoscere la verità sulle circostanze della sua morte ed a fare giustizia, considerato che soprattutto in questo momento il mondo ha bisogno di giustizia e di pace».

E l’intensificarsi di iniziative «che attraverso l’istruzione portino nelle menti di uomini e donne la cultura della pace, del rispetto delle diversità, di religione, di conoscenza» è proprio uno dei punti principali del suo programma in caso di nomina all’Unesco che Moushira Khattab sottolinea, affermando la necessità che l’istruzione sia «non solo per i bambini, non solo per i giovani, ma sia un’educazione che duri tutta la vita».

Quella educazione, spiega, deve raggiungere anche i migranti, così come «è stato possibile con la collaborazione italiana, con la scuola Don Bosco e con la hotel school».

Alla sollecitazione rivoltale per eventuali interventi dell’Unesco presso i governi accusati di violazioni dei diritti umani e di libertà di espressione e di informazione - ieri 19 giornalisti sono stati condannati in Turchia, ma anche in Egitto l’arresto di giornalisti e scrittori è frequente - Khattab risponde che l’ente ha un mandato sui diritti umani e sui diritti civili.

«L’adesione alle convenzioni internazionali su questi temi non è obbligatoria - rileva - ma se c’è, queste convenzioni devono essere rispettate e il meccanismo per applicare quel mandato non può non essere sviluppato».

Quindi ricorda la intensa cooperazione avuta con il governo italiano per combattere la mutilazione genitale femminile, l’immigrazione illegale e il traffico di esseri umani.

Esprimendo la speranza di ricevere un sostegno convinto dall’Italia alla sua candidatura, sulla presenza di un altro candidato arabo all’Unesco indicato dal Qatar, Khattab risponde: «è abbastanza naturale che il mondo arabo abbia più candidati, non avendo mai ricoperto quella carica dalla creazione dell’organismo, circa 70 anni fa. Ma io sono convinta che all’approssimarsi della data gli arabi sapranno unificare la scelta».

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