Dopo il sisma il terreno sprofondato di 25 centimetri
È in corso il Consiglio dei ministri straordinario che dovrà adottare le misure per fronteggiare l’emergenza sisma e al quale partecipano i presidenti delle Regioni interessate, il Commissario per il terremoto Errani e il capo della Protezione civile Curcio.
Secondo gli esperti dell’Ingv, il sisma potrebbe aver provocato un abbassamento del terreno superiore a 25 centimetri.
I danni sono «impressionanti», ma ricostruiremo tutto «presto e bene», «senza sprechi e ladri», ha assicurato sin da stamattina Matteo Renzi.
Il vero nodo è ora la sorte dei tanti che hanno perso la casa. Il governo non pensa a tendopoli per gli sfollati, i cui numeri sono ancora incerti: «non possiamo avere le tende per qualche mese in montagna, sotto la neve. Gli alberghi ci sono, per tutti», ha scritto nella sua newsletter il presidente del Consiglio.
Ma in alcune delle località terremotate, a cominciare da Norcia, la maggior parte delle persone che hanno scelto di rimanere in città pur avendo case inagibili, chiede invece tende e di non essere «deportata». Per questo in Umbria si stanno allestendo tende collettive , dove consentire agli sfollati di trascorrere le prossime notti «in condizioni, sia pur precarie, di sicurezza», come dice il presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini.
Altri sfollati hanno fatto invece la scelta inversa: come le duemila persone delle zone terremotate delle Marche che la scorsa notte hanno raggiunto in massa l’hub di raccolta e smistamento di Porto
Sant’Elpidio, sulla costa adriatica in provincia di Fermo,e che sono state tutte collocate in strutture di accoglienza della zona.
Per ora sono oltre 15mila le persone assistite dal Servizio nazionale della Protezione civile: più di 500 persone sono accolte in strutture alberghiere nell’area del Trasimeno e oltre 4000 negli alberghi sulla costa adriatica.
A queste si aggiungono circa 3000 persone in Umbria e altre 7000 nelle Marche ospitate in strutture di prima accoglienza allestite a livello comunale. Ma si tratta di numeri destinati a salire.
Intanto a Roma - dove il terremoto è stato sentito con la stessa forza di quello dell’Irpinia - centinaia di richieste di interventi per verifiche. Chiuso e poi riaperto il ponte Mazzini per un crepa e una perdita d’acqua (restano inagibili i marciapiedi), chiusa per controlli anche l’Università La Sapienza.