Venerdì l'addio a Giorgio Grigolli Camera ardente in Provincia

di Matteo Lunelli

Si terranno venerdì, alle 15, nella chiesa di Sant’Antonio, in Bolghera, i funerali dell'ex presidente della Provincia Giorgio Grigolli, scomparso ieri a 89 anni

Politico e giornalista, è stato presidente della Provincia di Trento (dal 1974 al 1979). Esponente di primo piano della Democrazia Cristiana fin dagli anni '50, vicedirettore dell’Adige dal 1961 al 1967.

Oggi dalle 14 sarà allestita la camera ardente nella sala Depero del palazzo della Provincia in piazza Dante a Trento.

Ottantanove anni intensi e interessanti, vissuti a 360 gradi con entusiasmo e grandi capacità. D'altra parte basta leggere il curriculum: segretario di partito, presidente della Regione, presidente della Provincia, consigliere, giornalista, vicedirettore di giornale, presidente di una squadra di calcio, fondatore dell'evento sportivo più conosciuto della provincia.

E, se non fossimo certi di diventare noiosi, potremmo andare avanti ancora. Tutto questo, e molto altro, ha caratterizzato gli ottantanove anni (li avrebbe compiuti il 21 dicembre prossimo) di Giorgio Grigolli, che è scomparso improvvisamente ieri, colto da un malore mentre era a casa.

Lascia la moglie Maria Elena e le figlie Alessandra ed Elisabetta. Ma lascia, in realtà, tutto il Trentino. Nella sua vita ha avuto a che fare con migliaia di persone: conosciuto dai giovani e dagli anziani, è entrato in contatto con tante generazioni diverse. I più giovani lo riconosceranno come presidente del Trento Calcio, negli anni d'oro tra la metà dei Settanta e l'inizio dei Novanta. I più sportivi lo accosteranno alla Marcialonga, che «inventò» insieme a Mario Cristofolini, Giulio Giovannini, Roberto Moggio e Nele Zorzi.

I più attenti alla politica lo identificheranno con la Democrazia Cristiana, della quale fu segretario provinciale a fine anni Cinquanta, regionale dal 1973 al 1993: con il partito cattolico fu consigliere provinciale dal 1964 al 1983, ma soprattutto fu presidente della Giunta provinciale dal 1974 al 1979, dopo esserlo stato di quella regionale dal '67 al ?74. I più assidui lettori dell'Adige, allora il quotidiano legato alla Democrazia Cristiana, lo ricorderanno poi come redattore, vicedirettore responsabile con Piccoli direttore poi, ma anche come autore di libri e come firma brillante e voce autonoma e autorevole. 

Insomma, Giorgio Grigolli è stato tanto, per tutto il Trentino. 

Nato a Mori nel 1927, studiò al liceo classico Prati e poi si laureò in giurisprudenza a Bologna. Fin da giovane iniziò a coltivare le due grandi passioni: il giornalismo e la politica. Anzi, per sua stessa ammissione, come Piccoli e Degasperi «usò» il giornalismo come momento pre politico, concependo lo scrivere come strumento di mobilitazione sociale. Dello stesso Piccoli fu uomo di fiducia, fino a diventarne il successore come segretario della Democrazia Cristiana. La tutela e l'equilibrio del partito furono le sue priorità, in una fase precedente a quella delle correnti che frammentavano il movimento. Correnti, in realtà, che erano piuttosto agitate a livello nazionale, ma non (ancora) in Trentino. Scrisse anche una dura lettera ad Aldo Moro, per esprimere le proprie perplessità sulla linea che stava prendendo.

Il modello romano non piaceva, e l'obiettivo era mantenere l'integrità locale.

La svolta arrivò nell'estate del 1973. Grigolli era nella sua casa nella frazione Frisanchi di Centa San Nicolò. Arrivarono Piccoli e Angeli, con una notizia clamorosa: «Caro Giorgio, tu sarai il nuovo presidente della Provincia». Lui, uomo di partito, rispettoso e fedele, acconsentì, pur sapendo dell'eredità che si sarebbe dovuto mettere in spalla: quella di Bruno Kessler, l'uomo dell'Università, dell'Istituto storico, dell'Itc. Se Kessler fu il presidente dell'innovazione, Grigolli fu quello della gestione. Anche se non certo immobile.

Anzi. Fu lui, infatti, a dirigere e coordinare le norme di attuazione del Secondo Statuto. Quelle, cioè, che svuotavano di competenze la Regione per affidarle alla Provincia. Quelle che davano un senso e un significato profondo alla parola «autonoma» che seguiva Provincia e anticipava di Trento. 

Nel 1979 Piccoli e Angeli tornarono da lui, questa volta con una notizia differente. «Caro Giorgio, ora è il turno di Flavio Mengoni». Grigolli, da leale e convinto uomo di partito, accettò anche questa volta la decisione. Mantenne l'impegno politico, ma inizio a dedicarsi con maggiore impegno alle altre passioni: il giornalismo, scrivendo varie opere, in particolare racconti biografici di personaggi politici come Tullio Odorizzi, Flaminio Piccoli ed Elsa Conci, ma anche e soprattutto il calcio. Il funerale sarà venerdì alle 15 in Sant'Antonio, mentre oggi, a partire dalle 14, sarà allestita una camera ardente nella Sala Depero della Provincia in Piazza Dante.


Affetto, stima, amicizia. Sono le parole più usate da chi, nel mondo politico locale, ricorda la figura di Giorgio Grigolli. 

«Sono commosso per questa triste notizia - confida l'ex presidente della Provincia, Mario Malossini - perché Grigolli è stato un uomo eccezionale, di un'intelligenza raffinata. Lo ha dimostrato in ogni sua azione: in politica, ma anche dalle colonne del vostro giornale, dove interveniva puntualmente e brillantemente. Tutti lo ricorderanno per i passaggi decisivi nell'autonomia trentina, ma io vorrei sottolineare anche come sia stato un tessitore di rapporti, soprattutto nel dialogo con l'Alto Adige. E poi nella vita interna al partito, quella fatta anche di tensioni, discussioni, momenti accesi, lui fu un pacificatore, senza mai alzare la voce, ma sfruttando il suo carisma anche con personaggi come Piccoli e Kessler».

Anche l'ex senatore Dc, Giorgio Postal, usa parole di miele: «Il nostro è stato un rapporto di amicizia, affetto e stima per tanti anni. La sua dirittura morale e intellettuale, sempre sobria, fu fondamentale sia nella sua azione giornalistica sia in quella politica. Fu l'ultimo presidente della Regione quando la Regione contava davvero e il primo della Provincia quando la Provincia iniziò a contare davvero: con il dialogo e il confronto si caratterizzò per una visione laica pur da uomo di fede.

La definirei una personalità politica di stampo degasperiano. E come dimenticare la Marcialonga, il giornalismo e il calcio? Del pallone fu un vero tifoso, il lunedì mattina non si poteva parlare d'altro: c'era solo il Trento». 

Sull'essere stato un personaggio che sapeva passare dalla politica al giornalismo e allo sport, parla anche un altro ex senatore, Tarcisio Andreolli : «È vero, è stato un uomo capace di essere protagonista in vari ambienti. Lo ricordo come un vecchio e solido democristiano, cattolico convinto e coerente.

Seppe agire con grande equilibrio. Lui con Piccoli, io kessleriano, ma non posso non riconoscere il grande contributo che diede al Trentino. Fu efficace, nel suo agire politico e anche come giornalista». 
Scosso anche l'attuale presidente della Provincia, Ugo Rossi: «Con la scomparsa di Giorgio Grigolli se ne va un protagonista di assoluta importanza di una fase politica che è stata fondamentale per la costruzione di un Trentino moderno ed autonomo, inserito nel mondo.

In un periodo storico di forti tensioni si impegnò con grande passione civile, attraverso una politica ragionata, basata sempre sul confronto e mai sulla chiusura. Lo ricorderemo come uno degli artefici dell'ampliamento e dello sviluppo della nostra Autonomia. Anche negli ultimi anni è sempre stato un prezioso interlocutore, capace di produrre stimoli interessanti». 

Da un presidente all'altro: «Lo ricordo con affetto - dice il deputato ed ex governatore, Lorenzo Dellai , - come testimone di una classe dirigente che ha saputo gestire la difficile fase di costruzione della nostra autonomia ed ha saputo interpretare un'idea sobria, responsabile e nobile della politica. Ha sempre mantenuto un profilo di grande moralità e di forte libertà interiore nel corso del suo lungo e prestigioso servizio alla Comunità trentina. Attitudini con le quali ha anche servito il Calcio Trento, con passione e generosità che alla fine lo hanno visto pagare di persona».

In tema di autonomia è il ricordo del presidente del consiglio provinciale Bruno Dorigatti: «Grigolli è storia delle istituzioni dell'autonomia. Seppe affrontare le fasi calde del cambiamento economico e sociale, le sfide poste dalle lotte sindacali e del movimento studentesco, nonché le problematiche legate alla corretta declinazione dello Statuto e al rapporto tra Trento e Bolzano».


«Ero un semplice collaboratore del giornale a Riva del Garda nel 1970, quando Grigolli mi chiamò a Trento, all'Adige, per un colloquio. Iniziai così la carriera giornalistica: mi affidò il consiglio provinciale e le vicende politiche della Dc e della città, e fu sempre ricco di consigli». 

Ettore Zampiccoli ricorda così il Grigolli giornalista, vicedirettore responsabile dell'Adige, ma anche scrittore ed editorialista. «Aveva uno stile molto brillante e aveva l'indubbia capacità di polemizzare. Il soprannome "Caterina la rossa" per la Dominici lo inventò lui.

Aveva uno stile e una qualità che gli invidiavo. Con lui il dialogo era frequente, consigliava e valutava, aiutava e spronava». 

Anche l'Ucsi, l'Unione cattolica stampa italiana, non può non ricordare con grande affetto un uomo che ha fatto del giornalismo e della fede i suoi capisaldi. «Con la scomparsa di Giorgio Grigolli, l'Ucsi trentina perde, oltre a un grande amico, un grande giornalista, interprete fedele del pensiero cristiano sociale, che negli ultimi anni della sua attività aveva saputo ridare slancio e autorevolezza all'Associazione trentina. Presidente dal 2005 al 2011, pur avanti con l'età, aveva portato una ventata di novità e di voglia di fare (come era del resto nel suo carattere), suscitando interesse ed entusiasmo fra molti giovani colleghi che si riconoscevano nel suo stile e in un certo modo di fare giornalismo: rigoroso, rispettoso della persona, non superficiale e aperto, senza riserve, al mondo laico.

Questo, del resto, era il suo stile personale e di vita, talvolta un po' burbero, ma ricco di umanità, che sapeva cogliere subito il problema adoperandosi per aiutare chi era in difficoltà.

Da presidente dell'Ucsi trentina ha contribuito ad allargare la base associativa, ma soprattutto a darle una fisionomia più aderente alla sua vocazione: un'associazione cattolica aperta a tutto il mondo laico, affrontando i temi e i problemi che più da vicino riguardavano la categoria; dall'etica della comunicazione alla formazione dei giornalisti, dalla deontologia professionale alla denuncia del precariato e a certe forme di sfruttamento redazionale.
Con la sua morte il mondo dell'informazione e l'intera comunità trentina perde un grande testimone di professionalità, lealtà e umanità».

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