Torino, promessa sposa a 15 anni
Promessa in sposa ad uno sconosciuto, a soli 15 anni, ha trovato la forza di ribellarsi al destino che la madre aveva deciso per lei. E dopo l'intervento di polizia e Tribunale per i Minorenni, è stata affidata ad una comunità che l'ha fatta tornare a studiare, il suo sogno. Storia d'altri mondi, quella di Rachida, nome di fantasia della torinese di origini egiziane che il coraggio di una amica ha strappato dalle braccia di un connazionale, ora irreperibile, a soli tre giorni dal fatidico «sì».
È stata la compagna a convincerla a telefonare al 114, il Servizio Emergenza Infanzia di Telefono Azzurro, che ha messo in moto gli accertamenti della polizia. Quando gli agenti del commissariato Barriera Nizza l'hanno convinta a parlare, «era come un pulcino disperato, alla ricerca di aiuto nell'affrontare questa cosa più grande di lei», dice la preside dell'istituto professionale frequentato dalla quindicenne. «Era smarrita - aggiunge - e ha trovato aiuto nella sua amica del cuore», a cui aveva confessato di essersi tagliata le vene dei polsi. «Mia figlia non ha mai tentato il suicidio, era felice e consenziente», dice la madre, vedova a 39 anni e con altri tre figli piccoli, tra cui due bambine di tre e sei anni. «Il matrimonio - sostiene avvolta nel suo chador nero - si sarebbe celebrato solo alla fine della scuola».
«È una donna che ha sempre avuto a cuore l'istruzione e il benessere dei figli. Nella nostra cultura si fa una promessa di matrimonio che, se uno dei due ragazzi non è d'accordo, viene sciolta», spiega Amir Younes, responsabile della scuola araba torinese «Il Nilo» ed esponente di spicco della comunità egiziana torinese. Eppure tutto era pronto: la festa di fidanzamento, il banchetto con i piatti tradizionali, il vestito rosso che la giovane avrebbe dovuto indossare. Un regalo del futuro marito, un commerciante, pronto a portarsela per sempre in Egitto. Con buona pace della sua voglia di studiare, perché «per prendersi cura del proprio marito, non serve un'istruzione», le aveva detto la madre, che oggi piange e spera che la figlia «torni presto a casa».