La Francia al voto: sfida a 4 Favorito il centrista Macron
È una partita a 4, una sfida all’ultimo voto che sarà probabilmente risolta al fotofinish. Oggi il primo turno delle presidenziali francesi, il 7 maggio il ballottaggio.
Nell’ultimo sondaggio consentito, pubblicato ieri sera alle 18 (Istituto Ifop per Paris Match), leggero progresso per Emmanuel Macron (24,5% delle intenzioni di voto, +0,5% rispetto al giorno prima).
Stabile Marine Le Pen al 22,5%, così come i due inseguitori, Francois Fillon (19,5%) e Jean-Luc Mèlenchon (18,5%). Questi i punti salienti dei loro programmi, i progetti che intendono realizzare se andranno all’Eliseo.
- Emmanuel MACRON (En Marche!): 39 anni, laureato all’Ena, ex dirigente, ex banchiere d’affari (Rotschild), ex consigliere di Francois Hollande all’Eliseo, ex ministro dell’Economia. Sposato con Brigitte (64 anni), sua ex professoressa al liceo. Senza figli. Il suo programma ruota attorno al rilancio dell’economia e alla «liberazione» delle potenzialità del Paese. Le 35 ore non vengono abolite ma potranno essere rinegoziate a livello di impresa, la patrimoniale sarà abbassata, pensione a 62 anni, contributi sociali aumentati salvo i redditi più bassi, 120.000 tagli fra gli impiegati statali. Società: raddoppio delle case di cura entro il 2022, rimborso al 100% delle spese per occhiali, protesi dentistiche e auditive. Sicurezza: 10.000 assunzioni fra poliziotti e gendarmi in 3 anni, 15.000 posti in più nelle carceri. Immigrazione e discriminazione: preferenza, nelle assunzioni, ai giovani di banlieue, esame delle richieste di asilo nei consolati dei paesi vicini ai conflitti. Esteri: difesa comune europea, politica comune di investimento e di lavori pubblici. È il più europeista dei quattro candidati.
- Marine LE PEN (Front National): 48 anni, avvocato, figlia del fondatore del partito, Jean-Marie Le Pen, due volte divorziata, tre figli dal primo matrimonio, attualmente legata a Louis Aliot, numero 2 del partito. Il suo programma è centrato sulla restituzione alla Francia della sua «indipendenza», sull’uscita dall’euro (dopo un referendum) e su drastici limiti all’immigrazione. In economia, nuova moneta nazionale, dazio del 3% sulle importazioni per finanziare stipendi e pensioni più bassi, pensione a 60 anni. Vuole sopprimere le regioni e iscrivere nella Costituzione la «preferenza nazionale» nell’assegnazione di case e posti di lavoro. Non chiede più il ripristino della pena di morte ma un «ergastolo reale», l’assunzione di 15.000 poliziotti, 6.000 guardie di frontiera e 12.000 posti in più nelle prigioni. Sull’immigrazione, soppressione dello ‘ius solì e dell’assistenza sanitaria agli stranieri, limitazione tassativa degli ingressi legali in Francia a 10.000 l’anno. Referendum sull’appartenenza all’Ue, uscita dal comando integrato della Nato.
- Francois FILLON (Les Rèpublicains): 63 anni, laureato in Legge, più volte ministro (Trasporti, Lavoro, Ricerca), primo ministro durante la presidenza di Nicolas Sarkozy. Sposato con Penelope, gallese, 5 figli, abitano in un castello con 14 stanze e sei ettari di terreno. Il suo programma è basato sul drastico taglio di posti nel pubblico impiego, nella spesa pubblica e negli oneri sociali. I licenziamenti sarebbero, nel tempo, di 500.000 unità, i tagli alla spesa pubblica di 100 miliardi, di 50 miliardi quelli del prelievo «sociale». Soppressione della settimana di 35 ore e aumento a 65 anni dell’età pensionabile.
Fra le riforme istituzionali, propone di rivedere la possibilità di adottare per le coppie omosessuali. Sulla sicurezza, 16.000 posti di più nelle carceri e abbassamento a 16 anni dell’età per essere condannati penalmente. Per gli immigrati, limitazione dello ‘ius solì e del diritto all’assistenza. In politica estera, fine dell’embargo alla Russia e dialogo con l’Iran. Di ieri la proposta di una coalizione internazionale «da Washington a Mosca» contro l’Isis.
- Jean-Luc MELENCHON (France Insoumise): 65 anni, nato in Marocco, a Tangeri, dove lavoravano i genitori, diplomato in filosofia, ex comunista trotzkista, ex socialista con Francois Mitterrand, ex ministro per l’Insegnamento professionale, divorziato, una figlia. Secondo alcuni media avrebbe un legame con l’attrice e produttrice Saida Jawad, ma in un blog si dichiara single: «Non ho premiere dame, quindi costerò meno».
Economia: salario minimo di 1.300 euro netti, 32 ore settimanali, soppressione del Jobs Act, pensione a 60 anni, creazione di un’imposta universale per tutti i francesi. Vuole il passaggio alla VI Repubblica, 100% di energie rinnovabili entro il 2050, il fine vita assistito. Sulla sicurezza, servizio civile, 10.000 nuovi posti in polizia, fine dello stato d’emergenza. Sull’immigrazione, soppressione del distacco dei lavoratori stranieri, sviluppo della cooperazione con i paesi di immigrazione. Sull’euro, fine dell’imposizione di limiti al deficit degli Stati, uscita dalla Nato, riscatto del debito degli Stati da parte della banca centrale.
La vittoria di Donald Trump insegna.
Non importa se sei un imprenditore miliardario che con il ‘sistemà fa affari: se urli contro le ingiustizie della ‘castà intercetti il voto di chi non ne può più. E in Francia i quattro candidati di testa al primo turno delle presidenziali di domani hanno imparato la lezione, definendosi tutti «antisistema».
Dalla leader frontista Marine Le Pen al candidato della sinistra alternativa Jean-Luc Mèlenchon, ma anche l’ex primo ministro Francois Fillon e il giovane ex banchiere ed ex ministro dell’Economia, Emmanuel Macron.
Antieuropeista e anti-euro, la candidata dell’estrema destra ha fatto leva sul nazionalismo di fronte a un’Europa «prigione», pur essendo europarlamentare dal 2004. E quando la giustizia ha cominciato a indagare sugli stipendi dei suoi assistenti, pagati da Strasburgo ma utilizzati per lavorare al partito in Francia, ha accusato i giudici, parlando di «complotto», e i media «che hanno perso la fiducia del popolo». «Il sistema - ha attaccato in uno dei suoi comizi - non sopporta il movimento profondo che si sta definendo. Allora interviene come può».
Dal punto di vista opposto, quello di europeista convinto, si è presentato come antisistema anche Macron, che doveva scrollarsi di dosso l’ombra di Francois Hollande di cui è stato ministro, prima di lasciare il governo e fondare il suo movimento ‘En Marche!’. «Ho visto dall’interno la vacuità del sistema politico. I loro modelli, le loro ricette hanno fallito, non il nostro Paese», ha dichiarato in uno dei suoi comizi a febbraio, tentando di prendere le distanze dal suo stesso passato governativo.
Anche Fillon ha tentato la stessa operazione, operazione che per l’ex premier di Nicolas Sarkozy è apparsa ancor più complicata dagli scandali che lo hanno travolto subito dopo la vittoria alle primarie di centrodestra. Come Le Pen, Fillon ha gridato al complotto: «Il mio progetto disturba le caste. Tutti coloro che, in fondo, approfittano del sistema. Tutti coloro che vogliono difendere il proprio potere», ha scritto su Twitter.
Infine Mèlenchon che si è presentato da subito come il candidato «ribelle», anti-casta e antieuropeista. Ma nemmeno al leader della ‘Francia indomità sono state risparmiate critiche, soprattutto sui social network, che gli hanno ricordato la sua lunga carriera politica nel partito socialista.
Quello di inseguire l’insoddisfazione e la rabbia nei confronti delle istituzioni può però essere un gioco «pericoloso», hanno osservato gli analisti sui media francesi.
«Perchè a forza di dare a questo sistema qualsiasi faccia - scrive la Voix du Nord - si rischia di sbagliare nemico».