Le rivelazioni ai russi bufera su Donald Trump
«Fight, fight, fight», «combattere, combattere, combattere».
Donald Trump è scurissimo in volto mentre partecipa alla cerimonia per la consegna dei diplomi all'Accademia della Guarda Costiera di New London, in Connecticut. Ma quando sale sul palco si mostra più determinato che mai, scagliandosi ancora una volta contro quelli che chiama «i media di Washington»: «Nessun politico nella storia è stato trattato peggio e più ingiustamente di me. Ma nella vita non bisogna mai mollare. E io - è il suo monito - non mollerò mai».
Da quando il tycoon è stato eletto 45esimo presidente degli Stati Uniti, però, mai lo spettro dell'impeachment è volato così basso e minaccioso sulla Casa Bianca. La vicenda della rimozione del capo dell'Fbi James Comey, che avrebbe rifiutato di porre fine alle indagini sul Russiagate, e la rivelazione di informazioni segrete sulla lotta all'Isis passate al ministro russo Sergei Lavrov nello Studio Ovale hanno aggravato una crisi che oramai va avanti da settimane. Al punto tale che ora parlare di messa in stato di accusa del presidente o di un suo allontanamento per incapacità di governare non è più considerata fantapolitica. Con i mercati che, a partire da Wall Street, reagiscono male a una situazione di incertezza sempre più grande.
Se l'ipotesi di un vero e proprio impeachment (la messa in stato di accusa per alto tradimento o altri gravi crimini) appare al momento la più difficile vista la maggioranza repubblicana in Congresso, nelle ultime ore sta prendendo quota un altro scenario: quello previsto nel 25esimo emendamento della Costituzione, secondo cui il vicepresidente e la maggioranza dei membri del governo dichiarano il presidente non in grado di assolvere ai poteri e doveri relativi al suo incarico. A quel punto il Congresso dovrebbe votarne la rimozione, e il suo posto verrebbe automaticamente preso dal vice Mike Pence.
Il tutto alla vigilia del primo delicatissimo viaggio all'estero del presidente, che da sabato 20 maggio toccherà paesi alleati come Arabia Saudita e Israele. Poi l'incontro con Papa Francesco in Vaticano, il vertice Nato a Bruxelles e il G7 di Taormina il 26 e 27 maggio.
Intanto da Sochi Vladimir Putin difende il presidente Usa: parlando di «schizofrenia politica» contro Trump, definendo «una bufala» la notizia di informazioni segrete date da Trump ai russi e dicendosi disposto a pubblicare i contenuti del colloquio avvenuto nello Studio Ovale fra il tycoon e il suo ministro degli Esteri.
All'inizio Putin ha parlato di «registrazione»: poi il Cremlino ha precisato che si tratta dei verbali dell'incontro. Un'offerta che comunque ha generato lo sdegno di molti membri del Congresso.
Come contromossa, il Dipartimento di giustizia americano ha deciso di nominare un procuratore speciale con l'incarico di sovrintendere le indagini federali in corso: dalle interferenze di Mosca sulle elezioni presidenziali Usa del 2016 ai possibili legami tra la campagna di Donald Trump e agenti russi.
L'incarico di 'super commissario' è stato affidato all'ex direttore dell'Fbi Robert Mueller, che gode non solo di una enorme stima all'interno del bureau investigativo che ha guidato per dodici anni, ma anche di un consenso bipartisan per le sue indiscusse capacità professionali. "Le indagini dimostreranno che non c'è stata nessuna collusione tra la mia campagna ed alcuna entità straniera", il commento di Donald Trump, affidato ad una nota diffusa dalla Casa Bianca 90 minuti dopo l'annuncio della nomina di Mueller data dal vice ministro della giustizia Rod Rosenstein. "Spero che questa questione si chiuda rapidamente. Nel frattempo - aggiunge il presidente americano - non smetterò mai di combattere per la gente e per le questioni che più importano per il futuro del Paese".
Ma inevitabilmente la mossa del dipartimento di giustizia, motivata anche dalla necessità di calmare le acque e di rassicurare l'Fbi dopo il licenziamento di James Comey, non tranquillizza la Casa Bianca. Anzi, non può che preoccupare il presidente Trump. Mueller infatti godrà di una enorme indipendenza, più grande di quella che avrebbe avuto il ministro della giustizia Jeff Sessions, costretto alcune settimane fa a un passo indietro per il suo coinvolgimento diretto nel Russiagate. L'ex capo dell'Fbi avrà infatti la facoltà di decidere fino a quale punto consultarsi e informare il dipartimento di giustizia sugli sviluppi delle indagini.
E queste potrebbero subire un'accelerazione con risvolti inediti. La nomina di Mueller - dimessosi dal suo lavoro in un'azienda privata per evitare ogni conflitto di interesse - viene incontro anche all'insistente pressing dei democratici che a gran voce chiedono da settimane indagini più indipendenti e trasparenti. Indagini che dovrebbero subire un impulso non da poco, visto la fama di rude e scrupoloso investigatore che Mueller ha maturato all'Fbi dal 2001 (nominato da George W. Bush) al 2013.