Primarie M5S, i dissidenti fanno arrabbiare Grillo
È un Grillo furibondo quello che lascia Roma dopo aver assistito dalla sua stanza in hotel, quasi impotente, alla bagarre scatenata dall’indizione delle primarie per la scelta del candidato premier.
È furioso e anche un po' demoralizzato perché resta lui il parafulmine dei veleni che corrono dentro il Movimento. È incredulo per il comportamento degli ortodossi e soprattutto per la presa di distanze di Roberto Fico.
«Le primarie erano aperte a tutti, perchè non si candidato? Chi glielo ha impedito?» è il ragionamento del garante. Ed è disgustato per gli attacchi della stampa. «Io vi mangerei soltanto per il gusto di vomitarvi, voi siete i principi del pettegolezzo» attacca i cronisti che lo attendono fuori dall’hotel.
È esterrefatto del trattamento che il M5s ha ricevuto nonostante la proclamazione di primarie aperte a tutti.
«Per i giornali ogni scusa è buona per parlare male del M5S e in queste ore discettano sulla qualità del voto per la candidatura a premier del M5S» attacca il suo blog di prima mattina prendendosela con i «giornali di regime» che «volevano delle primarie fiction come delle quel Pd o di altri partiti».
E continua a non digerire i continui attacchi al lavoro della giunta Raggi. Tra i pochi che ha incontrato nella due giorni romana ci sono l’assessora all’Ambiente, Pinuccia Montanari, e quello alle Partecipate Massimo Colomban. Poi si sfoga con i cronisti.
«Ci sono dirigenti che lavorano per i partiti e non per il bene comune, dovremmo fare un assessore alle trappole, andate a vedere il lavoro che stanno facendo i nostri, andate a vedere il lavoro che stanno facendo all’Ama». E nel giorno in cui, come se non bastasse, il tribunale di Palermo sospende le Regionarie in Sicilia, vede anche uno dei suoi legali, l’avvocato Andrea Ciannavei.
Ma l’eco dell’ira di Grillo, che non ha ricevuto neppure un parlamentare durante il suo soggiorno, arriva comunque a Montecitorio.
Il segno è stato passato: da ora in avanti sarà linea dura con i dissidenti.
Si vedrà ora cosa farà Roberto Fico, atteso a Rimini per Italia 5 Stelle dove dovrebbe fare il suo intervento venerdì. Lo scorso anno il presidente della Vigilanza Rai, a sua volta accusato dall’ala dei pragmatici, che sembra rinfoltirsi sempre di più, di non aver «dato il meglio di sé» nel ruolo ricoperto, stupì tutti per il suo veemente appello contro la deriva «Vip» che stava prendendo il Movimento.
Ma anche Luigi Di Maio, che oggi a Napoli, in segno di devozione, ha baciato l’ampolla che contiene il sangue di San Gennaro e che domani riprenderà il tour elettorale in Sicilia, dovrà fare la sua parte. I pontieri che stanno provando a ricucire la frattura interna al Movimento chiedono uno sforzo anche a lui: per troppo tempo, si lamenta qualche parlamentare, sì è dedicato quasi unicamente alla sua campagna elettorale, tralasciando il lavoro svolto nelle Camere.
Serpeggia invece un certo malcontento per le primarie: la rosa dei candidati proposti, viene notato, poteva essere curata meglio.
Nulla si sa invece sulle votazioni, probabilmente dureranno solo un giorno per limitare eventuali attacchi informatici. Ma sul nodo più contestato, quello del passaggio in capo al candidato premier della figura di capo politico, in pochi si fanno avanti. L’unico che insiste apertamente è Luigi Gallo che si fa portavoce di una lettera aperta di alcuni consiglieri campani del M5s. «Caro Beppe, siamo i tuoi «eroi».
Riteniamo che la figura del premier non debba coincidere con quella del ‘capo politicò».
«Questa storia ve la inventate voi giornalisti è semplicemente una dizione resa necessaria dalla legge elettorale» ripete invece Andrea Cecconi ed anche Angelo Tofalo rassicura: «La dizione usata vale esclusivamente per il Parlamento. Grillo resta garante e capo politico del Movimento inteso nel senso più ampio».
Il movimento deve fare i conti, frattanto, anche con la situazione siciliana.
Il giudice conferma la bocciatura delle «regionarie» in Sicilia dei 5stelle, il blog di Grillo annuncia ricorso e blinda Giancarlo Cancelleri nella sua corsa.
Ma un interrogativo aleggia: se il giudizio finale, nella causa civile, dovesse confermare l’illegittimità delle consultazioni on line ma nel frattempo gli eletti 5stelle si saranno insediati all’Assemblea siciliana cosa succederà? Decadranno? O non cambierà nulla? Un rompicapo per giuristi e amministrativisti anche perchè trovare precedenti del genere non è semplice.
Intanto, il candidato designato dalle regionarie rimanda alle scelte degli elettori che - aggiunge -«non guarderanno gli azzeccagarbugli».
Il giudice, Claudia Spiga, in sostanza ha confermato la decisione presa lo scorso 12 settembre in via cautelare, accogliendo il ricorso presentato dall’attivista Mauro Giulivi, escluso per non aver sottoscritto in tempo il codice etico, «limitatamente ai candidati della provincia di Palermo», e sospendendo anche il risultato della seconda votazione, i cui esiti furono ufficializzati dallo staff il 9 luglio con l’investitura di Cancelleri nel ruolo di candidato governatore.
Per il giudice bisogna ripetere le ‘regionariè che riguardano Palermo e quelle che hanno eletto Cancelleri. L’esclusione di Giulivi fa sussistere il «periculum in mora» in ragione «del pericolo di irrimediabile compromissione del diritto di elettorato passivo dell’istante, che, nel tempo necessario a far valere il diritto nel giudizio a cognizione piena e della conseguente celebrazione delle consultazioni elettorali regionali, verrebbe definitivamente pregiudicato».
Anche se, precisa il Tribunale, lo stop alle regionarie non compromette la possibilità da parte del M5s «della raccolta delle firme necessarie per la presentazione delle liste», che «dovrà comunque compiersi nell’arco temporale che residua sino al termine ultimo fissato nella norma».
Quanto alle eventuali ripercussioni negative sulla campagna elettorale in corso o ancora sull’immagine dell’associazione «deve affermarsi che trattasi di eventi imponderabili e comunque riconducibili non alla disposta sospensione, bensì proprio alle vicende che vi hanno dato causa».
«Cancelleri era, è e sarà il candidato presidente», reagisce il diretto interessato in un post sul blog di Grillo, sostenendo ormai «siamo fuori tempo massimo» per indire nuove consultazioni.
«La scadenza per presentare il simbolo è questo sabato e dobbiamo inoltre raccogliere 3.600 firme per la presentazione della lista». In realtà, bastano 1.800 firme, quelle a supporto del listino del presidente, mentre avendo il gruppo parlamentare, i 5stelle, come prevede la legge elettorale del ‘59, sono esentati dal raccogliere le firme per le liste provinciali. Avanti dunque con la campagna elettorale e col ricorso «per far valere le proprie ragioni», afferma Cancelleri.
«I tempi per aspettare la fine del procedimento e per rinnovare le votazioni purtroppo non ci sono più», ribadisce. Non è di quest’avviso l’avvocato Lorenzo Borrè, legale di Giulivi: «Per rifare i due turni delle primarie sarebbero sufficienti tre giorni e la proposizione del reclamo non sospende automaticamente l’efficacia esecutiva dell’ordinanza». E ricorda che «la data di scadenza per la presentazione delle liste è il 5 ottobre».