Quattro minorenni condannati per tortura
Quattro anni e sei mesi al capo-banda e quattro anni ad altri tre della stessa banda: sono le condanne inflitte ieri in abbreviato dal Tribunale per i Minorenni di Milano a quattro quindicenni accusati di aver segregato, picchiato e torturato un loro coetaneo, in un garage di Varese lo scorso novembre.
Una condanna destinata a fare storia in Italia perché si tratta della prima sentenza per il reato di tortura, come ha confermato il procuratore del Tribunale per i minorenni Ciro Cascone.
La condanna più alta è stata inflitta dal giudice al minore ritenuto la ‘mentè del sequestro e del pestaggio del quindicenne, legato e picchiato con un bastone di ferro in un un box di Varese. A quanto è emerso era pronto a lasciare l’Italia con la madre prima di essere arrestato.
L’accusa aveva chiesto condanne per un totale di 21 anni di carcere, sostenendo che tutti e quattro i giovani imputati non abbiano mostrato segni di ravvedimento ed empatia con la vittima. Le difese avevano chiesto per i giovanissimi la messa in prova a cui la Procura minorile si è opposta, posizione sposata anche dal giudice.
La legge che ha introdotto in Italia il reato di tortura risale a poco più di un anno fa e, ha dichiarato il procuratore del Tribunale per i minorenni di Milano Ciro Cascone, «la cronaca giudiziaria ha registrato finora due sue applicazioni», accomunate dal fatto di «essere intervenute nell’ambito di rapporti orizzontali» su soggetti non ancora maggiorenni.
La prima, prosegue il procuratore, «è l’ordinanza del 23 novembre 2018 del Gip del Tribunale per i minorenni di Milano» che ha portato all’arresto dei quattro giovanissimi, «e per la quale oggi il Gup ha emesso sentenza di condanna».
La seconda, ha aggiunto Cascone, «riguarda i fatti avvenuti in provincia di Taranto», ovvero i sei minorenni accusati, in concorso con altri due maggiorenni, «indiziati dei delitti di tortura aggravata, danneggiamento aggravato, violazione di domicilio e sequestro di persona», nei confronti di un uomo di 66 anni «individuato quale “bersaglio” per le sue condizioni di minorata difesa, in quanto solo ed affetto da disturbi psichici», e poi poi deceduto in ospedale.