M5s inquieto, Grillo a Roma «Guardiamo a Sardine e Pd»
Ottimismo, pazienza, ascolto. Con una via maestra da seguire, quella del governo con il Pd. È un Beppe Grillo inedito quello che piomba a Roma a ridosso di Natale e della potenziale implosione dei gruppi del M5S. Prima i senatori, poi i deputati. Grillo fa quasi da parafulmine, dà il suo endorsement alle Sardine e raccoglie lo sfogo di un gruppo di eletti diviso in più fazioni, a rischio di ulteriori perdite, e con Luigi Di Maio spesso nel mirino. «Non posso convincere nessuno a restare, oggi io sono l’anti-emorragico», si presenta l’ex comico al suo arrivo nella Capitale. Dove offre ai fotografi un’immagine plastica dell’asse sui cui si regge parte del governo giallorosa: quello con il premier Giuseppe Conte, con cui si ritrova alla presentazione del piano sull’Innovazione del governo.
Al Tempio di Adriano ci sono alcuni dei principali ministri M5S e Pd. C’è anche il vicesegretario Andrea Orlando, che con Conte mantiene i contatti anche in queste ore. E ci sono Grillo e Davide Casaleggio, volti di un Movimento che «è cambiato, che non può essere quello delle origini», rimarca uno degli uomini più vicini all’ex comico. Grillo dedica ai cronisti il solito siparietto - una mascherina sulla bocca per ripararsi dai «virus» dei giornalisti - prima di andare a Palazzo Madama, dove la battaglia nel Movimento infuria. E nell’assemblea del gruppo le proteste si susseguono. I motivi sono tanti, spesso legati a «quella mancanza di visione» che lamentano molti parlamentari rispetto ai vertici.
Manca Luigi Di Maio, di rientro dalla Libia. Forse si vedrà nelle prossime ore col fondatore. Ma al Senato è Beppe a «vestirsi» da leader, a caricare i pentestellati. «Se molliamo in questo palazzo tornano quelli che hanno distrutto il Paese», avverte nelle stesse ore in cui Conte declama la sua sintonia su un concetto: il governo con il Pd è una chance unica per migliorare l’Italia. Anzi, Grillo va oltre, quasi sposando la visione «ortodossa» (copyright di Luigi Gallo) delle Sardine, quelle di un movimento con cui il M5S potrebbe contaminarsi.
«Sono da tenere d’occhio, sono tennisti in un mondo di rugbisti.
Non sono come il M5S delle origini, non vogliono riformare la società ma igienizzarla, e non è sbagliato», spiega Grillo.
Ma non ci credono tutti, nel Movimento. Gianluigi Paragone, che in tanti tra i parlamentari vorrebbero già dimesso dopo il suo «no» alla fiducia sulla manovra, è assente all’incontro con Grillo. Sarà deferito ai probiviri, quindi non è fuori. Di Maio non se lo può permettere perché al Senato il rebus numeri è intricato, le sirene di Matteo Salvini e Matteo Renzi ancora suonano e la formazione di un gruppo di responsabili potrebbe, paradossalmente, destabilizzare ulteriormente il Movimento.
Ma gennaio, nei gruppi del Movimento e nel governo, sarà il mese della verità.
E a complicare le cose c’è l’incognita di Renzi e dei suoi neanche tanto celati ammiccamenti a Salvini, come quelli sull’ipotesi di un governo di salvezza nazionale guidato da Draghi. Non a caso, alla Camera già si rincorrono le voci su un gruppo di «contiani» di una trentina di deputati, guidato dal pentastellato Giorgio Trizzino. Operazione non facile ma utile a depotenziare eventuali fughe in avanti di Italia Viva. Camera dove Grillo va in tarda serata, dopo aver messo a disposizione dei senatori il suo cellulare, come gesto di estrema disponibilità.
Del resto, l’arrivo di Grillo alle assemblee parlamentari - unicum di questa legislatura - dà il senso dell’emergenza nel M5S, dove neppure la svolta dei facilitatori sembra aver placato gli animi. E dove, in fondo, la dicotomia sinistra-destra si riflette negli stessi Grillo e Casaleggio: il primo è sponsor convinto del governo; il secondo, soprattutto all’inizio, non ha mai nascosto il suo scetticismo.