Crisi covid e aiuti Ue Ancora alta tensione per il no dei sovranisti
«L’Ue può avanzare senza i Paesi che bloccano».
È stata la Francia, per bocca del segretario di Stato agli Affari europei Clement Beaune, a vibrare apertamente la minaccia che a Bruxelles si va sussurrando da un paio di giorni.
«Una variante nucleare che nessuno vuole», ma che come tutte le altre opzioni resta sul tavolo se le ribelli Ungheria e Polonia non si convinceranno ad accettare la clausola sullo stato di diritto e a revocare il veto sul bilancio europeo e il Recovery Fund, ha chiarito il premier olandese Mark Rutte.
La formula sarebbe quella dell’accordo intergovernativo, una strada lunga e tortuosa, con implicazioni politiche e pratiche molto pesanti, da imboccare solo se non si riuscirà a trovare altre vie d’uscita. E non certo una novità. L’ipotesi era già stata valutata durante le interminabili giornate di negoziato al vertice di luglio, quando i 27 leader non riuscivano a trovare la quadra sullo stimolo economico da 1.800 miliardi. Ma anche allora era stata poi riposta nel cassetto.
L’idea è stata per il momento rigettata dal commissario all’Economia Paolo Gentiloni, che ha invitato «a non considerare proposte che potrebbero non risolvere il problema, ma semplicemente distrarre dall’obiettivo di risolverlo»; e che ha invece rivolto un appello ai leader ad approvare il pacchetto di rilancio «per mettere le economie su un sentiero di ripresa» e scongiurare quei ritardi che potrebbero avere conseguenze serie.
Il rischio non è solo un allungamento dei tempi per gli esborsi dal Recovery ma anche un esercizio provvisorio del nuovo bilancio Ue, con la chiusura dei rubinetti per i pagamenti per quasi tutte le nuove spese. Decisamente controproducente per la Polonia, primo beneficiario dell’Unione per gli aiuti a fondo perduto delle politiche regionali, con 75 i miliardi assegnati per il 2021-2027.
Ma nonostante il forte pressing europeo di queste ore - con la cancelliera Angela Merkel ed i presidenti di Consiglio e Commissione europea Charles Michel e Ursula von der Leyen impegnati a tessere la tela della mediazione anche in vista della videoconferenza dei leader di domani - Budapest e Varsavia non hanno dato segnali di ripensamento. Anzi, in loro difesa è sceso in campo anche il premier sloveno Janez Jansa.
Con il meccanismo che subordina l’erogazione dei fondi al rispetto dello stato di diritto, l’Ue «vuole ricattare chi si oppone all’immigrazione», ha tuonato l’ungherese Viktor Orban.
«Consentire l’applicazione su base politica di disposizioni poco chiare e arbitrarie potrebbe condurre al collasso dell’Unione», ha rincarato il collega polacco Mateusz Morawiecki. Mentre Jansa, grande alleato del leader magiaro, ormai famoso per essere stato il primo e unico leader al mondo a congratularsi con Trump per la sua rielezione, ha perorato la causa dei due ribelli. «Solo un organo giudiziario indipendente può dire cos’è lo stato di diritto, non una maggioranza politica».
Il Parlamento europeo, che ha l’ultima parola sugli accordi con la ratifica in plenaria, ha già ribadito la netta indisponibilità a nuovi negoziati sul punto. Proprio oggi l’Eurocamera ha raggiunto un accordo con il Consiglio su React-Eu (strumento del Recovery fund di immediata applicazione, che assegna 13,5 miliardi all’Italia) aggiungendo uno degli ultimi tasselli al pacchetto per la rinascita post-Covid, che ora aspetta di compiere l’ultimo, tormentato miglio.