Draghi già al lavoro sul Recovery, basta discussioni fra i partiti, via ad un cronoprogramma asciutto

Un cambio di marcia sul Recovery plan, più spesa per la sanità, più investimenti per la ripresa.
Con due priorità trasversali: i giovani, prime vittime dello shock pandemico con l’«obbligo morale» di accompagnarli al futuro, e la sopravvivenza delle imprese, con il Covid che rischia di infliggere una ferita permanente al tessuto produttivo e che rappresenta il pericolo numero uno.

Dell’agenda di Mario Draghi, che si appresta a governare l’Italia in uno dei momenti più difficili, poco trapela visto il riserbo dell’ex presidente della Bce. Stamani, uscito da Quirinale, Draghi ha ringraziato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per l’incarico di formare il Governo in «un momento difficile» in cui «vincere la pandemia, completare la campagna vaccinale, offrire risposte ai problemi quotidiani, rilanciare il Paese. Sono le sfide».
L’annuncio che Draghi aprirà un confronto con i partiti e un dialogo con le parti sociali, è un altro elemento che dice molto: come faceva alla Bce, Draghi ascolta tutti. Tace. Poi decide. Ed è il Recovery Plan italiano il primo banco di prova.

Dopo le bozze della discordia fra i partiti dei mesi passati, l’ex capo della Bce ha in testa uno sfoltimento e una semplificazione: un documento asciutto, articolato in pochi punti di azione, scanditi da un cronoprogramma preciso e coperture puntuali. Più sullo stile del piano del presidente francese Emmanuel Macron.

Grazie all’Ue «abbiamo - ha detto stamani - l’opportunità di fare molto per il Paese con uno sguardo attento al futuro delle giovani generazioni e al rafforzamento della coesione sociale».
Parole europeiste, da quello che è uno degli architetti del progetto europeo e naturale difensore del multilateralismo in sintonia con l’amministrazione Biden. Ma in Draghi c’è anche l’idea trainante che col ‘Next Generation Eù, di cui il Recovery è parte, i giovani, la scuola, l’università, la ricerca, le politiche attive del lavoro con più formazione e competenze digitali, devono essere al centro: potrebbero essere rivisti alcuni capitoli di spesa rispetto all’ultima bozza del ‘Conte 2’. Anche al meeting di Rimini lo scorso agosto Draghi invocava «l’investimento nei giovani» per prepararli «a gestire il cambiamento e l’incertezza nei loro percorsi di vita», abbandonando l’«egoismo collettivo» che li ha indebitati e ha distratto risorse verso «obiettivi con più certo e immediato ritorno politico».

Dopo la stagione dei «ristori», l’accento sarà poi su una strategia organica per le imprese: Draghi è stato fra i primi a lanciare l’allarme, in uno studio del G30 a dicembre, del loro fortissimo indebitamento: «le autorità - avvertiva - devono agire urgentemente» perché «in molti settori e Paesi siamo di fronte all’orlo del precipizio in termini di solvibilità, specialmente per le piccole e medie imprese».

La sfida è evitare - anche favorendo una digitalizzazione ancora carente - che una fetta di tessuto produttivo sia cancellata definitivamente dalla pandemia una volta che scadranno aiuti pubblici e liquidità garantita.

La risposta alla pandemia rappresenta l’altra grande sfida: nulla trapela sulla squadra di governo e sulla task force oggi guidata da Domenico Arcuri, né sull’orientamento di Draghi rispetto ai lockdown: a Rimini si era soffermato sulla «responsabilità collettiva» del distanziamento, ma anche su quanto questo fosse «innaturale». Di certo, Draghi punterà su un investimento deciso su vaccinazioni e sul rafforzamento del settore sanitario, Mes o non Mes: in una recente intervista a Filippo Crea, docenðte di malattie dell’apparato cardiovascolare all’Università Cattolica e Editor in Chief dello «European Heart Journal», il premier incaricato spiegava inoltre che, l’esperienza della pandemia ha mostrato «l’importanza di avere buone strutture di assistenza e un sistema robusto» e dunque «dovremmo spendere molto di più per la salute».


(di Domenico Conti, agenzia ANSA)

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